Ha 72 anni, Arnaldo Cestaro. Viene da Agugliaro, in provincia di Vicenza. Di professione fa il rottamatore. Lavora ancora, Arnaldo. Ha un fazzoletto garibaldino attorno al collo, consumato da anni di manifestazioni e tiene alto un prezioso cartello, rimediato alla buona “perché io ho fatto la quinta elementare, ma la gente sa leggere”.

Per essere sicuro ha chiesto ai giornalisti presenti di dirgli “l’ordine cronologico di tutti gli atti terroristici sui treni”, che fedelmente ha trascritto. Arnaldo le manifestazioni se l’è fatte tutte: “in Val di Susa mi conoscono tutti”, racconta; al Dal Molin nemmeno a dirlo ci ha stazionato; e dal 1980 non ha saltato un 2 agosto: “sono trent’anni che porto la mia solidarietà a Bologna”. Ma soprattutto è stato protagonista di Genova. Della mattanza della Diaz, per la precisione: ne è uscito con 10 costole fracassate, una gamba rotta, trauma in testa e il braccio alla terza operazione dopo dieci anni. Referti clinici a confermarlo. “Io sono stato il primo a essere massacrato, e l’ultimo a essere ricoverato”, racconta Arnaldo, che ha anche testimoniato al processo.

“Ero li per la manifestazione, poi volevo andare al cimitero a trovare la figlia di una mia amica, per quello avevo deciso di dormire con i ragazzi. Ero il più vecchio. Il giorno prima avevano ucciso il giovane Carlo (Giuliani). A un certo punto sono entrati e ci hanno massacrato con i manganelli”. Con lui c’era anche Lorenzo Guadagnucci, che ha raccolto queste violente e indelebili esperienze in un libro (‘Noi della Diaz’) al quale l’autentico garibaldino contemporaneo ha partecipato. Ogni anno, Arnaldo torna a Genova “per tenere vivo il ricordo di questa ingiustizia”.

Continua a “battagliare” infaticabile “per i diritti degli altri”. E sorridendo timidamente ma con orgoglio aggiunge: “perché son vecchio fuori, ma giovane dentro”. Poi, tirando nuovamente su il cartello, mentre il corteo del due agosto gli fluisce silenzioso intorno, sottolinea: “Nella nostra Costituzione è scritto tutto. Basterebbe seguirla alla lettera, seguirla tutta. E non avremmo bisogno di niente”. Ma “questa è stata la nostra polizia, quella notte. Allora mi dico: se questa è democrazia, abbasso la democrazia”.

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