Nel commentare il testo del nuovo Statuto dell’Alma Mater, approvato a larghissima maggioranza dal Senato Accademico lo scorso 27 luglio, non si può prescindere da un’analisi preliminare dei presupposti e delle condizioni al contorno.

I primi sono sostanzialmente i contenuti della legge 240/2010, la cosiddetta “riforma Gelmini”,  che impone alle Università di adottare nuovi statuti che recepiscano i principi e gli elementi di governance contenuti nel testo di legge. La 240, i cui pregi e difetti inevitabilmente si riflettono sullo Statuto, ha fondamentalmente due punti a favore, ma anche un grande limite. I primi due sono costituiti dalla raggiunta composizione delle due principali missioni dell’Università, la Didattica e la Ricerca, che vedono nel Nuovo Dipartimento la struttura di riferimento, e dal notevole rilievo dato al riconoscimento del merito e alla valutazione delle strutture. Il limite, purtroppo, è l’assoluto silenzio sul fronte delle risorse,  drammaticamente ridotte anno dopo anno. Le condizioni al contorno sono quelle di un Ateneo straordinariamente complesso, un grande Studio Generale con una specificità in più data dalla sua struttura multicampus.

Ritengo quindi che il nuovo Statuto rappresenti un buon risultato e una risposta adeguata ai dettami della legge e alla complessità e varietà dell’Alma Mater. Alcuni indirizzi dello Statuto sono chiari e a mio avviso azzeccati: il ruolo centrale dei Dipartimenti che ricevono le risorse, sono i primi responsabili dell’offerta didattica e di ricerca e sono valutati in base ai risultati, la presenza delle strutture di raccordo (le Scuole) indispensabili per una Ateneo delle dimensioni dell’Alma Mater – come insegnano le principali esperienze europee – e infine la chiara presa di posizione sul multicampus. Su questo punto non ci sono fraintendimenti: nei principi costituitivi lo Statuto afferma che l’Alma Mater è “un Ateneo multicampus che si articola nelle sedi di Bologna, Cesena, Forlì, Ravenna, Rimini.”

La struttura  Multicampus delineata dallo Statuto, con Dipartimenti con sede in Romagna e Dipartimenti su diverse sedi (Unità Organizzative di Sede) permette di completare quell’operazione virtuosa di decentramento che nel passato ha coinvolto più le Facoltà (didattica) dei Dipartimenti (ricerca) e che vede nella qualità indipendente dalla sede il suo presupposto fondamentale.

Il concetto di Dipartimento strutturato in Unità Organizzative di Sede rappresenta una novità e un contributo originale dell’Alma Mater al sistema universitario nazionale; esso coniuga da una parte l’unità culturale del Dipartimento unico, e al tempo stesso riconosce l’impegno e il merito delle singole iniziative condotte dalle Unità creando un legame virtuoso tra autonomia e risultati conseguiti.

La puntuale definizione delle Unità di Sede nel testo dello Statuto  rappresenta una garanzia di serietà nei confronti degli studenti e del personale che vi sarà impegnato. Si poteva fare di meglio e di più? Forse, ma ricordiamo che ciascuno di noi aveva in mente idee e concetti certamente legittimi, ma spesso contrastanti e da questo punto di vista ritengo che il risultato finale rappresenti un punto di mediazione “alto”.

Il nuovo Statuto fortunatamente non è, e non deve essere, una gabbia, ma una “casa” di regole condivise che ci aiutino a guidare la nostra Università attraverso mari di forza crescente con la consapevolezza e l’orgoglio della nostra storia.

Enrico Sangiorgi (Preside Seconda Facoltà di Ingegneria)

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