Quando la nave affonda i topi scappano. Con la Grecia sull’orlo del baratro economico, il secondo forzato intervento dell’Europa e il piano di austerity lacrime e sangue appena approvato dal governo di Atene, molte imprese del Paese scelgono di fuggire all’estero per pagare meno tasse.

A dire il vero non è una novità degli ultimi mesi, dal momento che già nel 2010 le imprese elleniche registrate in Bulgaria erano ben 2.072, un vero e proprio record in Europa. Tanto che si può pensare che, anche se la causa del default greco ha cause ben più profonde, l’evasione fiscale “legale” di imprese che si registrano all’estero per pagare meno imposte, non ha sicuramente giovato al bilancio di Atene.

Nel frattempo il piano di austerità approvato dal governo greco, indispensabile per riempire le casse, prevede ben 28,4 miliardi di tagli tra il 2012 e il 2015 e 50 miliardi di nuove entrate provenienti dalle privatizzazioni. A farne le spese saranno soprattutto i dipendenti del pubblico impiego, pensionati e risparmiatori, con pesanti ricadute sull’intero welfare del Paese.

Ma perché le imprese si registrano in Bulgaria? Semplice, perché lì le tasse per le aziende sono le più basse d’Europa, con un’aliquota al 10%, contro il 25% in Grecia, il 31.4% in Italia, il 33.33% in Francia e il 45% (variabile) in Germania. Tanto che secondo le statistiche, la Bulgaria, grazie alle sue basse imposte (in Europa hanno eguali solo in Ungheria e Cipro), è il Paese che sta attirando il maggior numero di aziende europee. A quelle greche si aggiungono infatti le 272 rumene registrate nel 2010 (erano solo 33 nel 2006). Mete favorite dalle aziende in fuga sono Sofia, Varna e Ruse, una piccola cittadina dall’altra parte del Danubio, a 70 km da Bucharest.

Secondo gli esperti, ad attirare le aziende non sarebbero solo le tasse più basse, ma anche una minor burocrazia e una manodopera a minor costo, miele per imprenditori e investitori. Simeon Djankov, ministro delle Finanze bulgaro, riferisce che il Pil in Bulgaria è il 43 per cento della media dell’Unione europea, un po’ meno della Romania (45%). Secondo dati della Banca mondiale, il Pil pro capite annuale della Bulgaria è 4.423 dollari, contro i 7.500 della Romania, 35.165 del Regno Unito, 40.670 della Germania e 41.051 della Francia.

Proprio Francia e Germania cercano invano da anni di spingere il governo di Sofia ad alzare la barra delle imposte per le aziende, in modo da evitare la fuga ad Est delle aziende europee. Secondo l’International Confederation of Free Trade Unions, infatti, “una corsa al ribasso delle tasse alle imprese non farà che creare una crisi del sistema finanziario statale in tutti i Paesi dell’Unione”. Negli ultimi vent’anni, queste imposte sono passate da una media del 45% a circa il 30%, e il trend non accenna a diminuire. Anzi, ha subito una netta accelerazione con l’allargamento a Est dell’Ue nel 2004, fenomeno che aiuta a spiegare l’opposizione di Francia e Germania all’ingresso di Bulgaria e Romania nello spazio Schengen con motivi diversi da sicurezza e immigrazione.

Proprio questa corsa al ribasso ha aperto in Europa il dibattito sull’armonizzazione in Europa delle tasse alle imprese. La Commissione europea ci ha provato nell’aprile del 2006, ma si è dovuta scontrare contro il muro di gomma di molti Stati membri.

Alemno una cosa è sicura. Secondo l’International Confederation of Free Trade Unions, “se i Governi europei continuano ad abbassare le tasse alle imprese, le casse pubbliche saranno sempre più vuote e le nuove sfide demografiche e sociali resteranno inevase”. Insomma, Grecia docet.

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