Per tutti il suo nome resta associato a quello di Panorama: fu lui a trasformare il mensile in un newsmagazine settimanale, nel 1965, e a regalargli la leadership per molti anni. Lamberto Sechi, classe 1922, morto questa mattina all’età di 89 anni, allevò una schiera di ragazzi destinati a brillanti carriere  – Barbara Palombelli, Roberto Briglia, Giulio Anselmi, Corrado Augias, Claudio Rinaldi, Carlo Rossella, Carlo Rognoni, Fiamma Nirenstein, Claudio Sabelli Fioretti , Chiara Beria d’Argentine, Lucia Visca – ma soprattutto, costruì da zero un nuovo tipo di settimanale che fino ad allora erano solo femminili o per famiglie, come si diceva.

Sechi era nato a Parma nel 1922, aveva assunto nel 1965 la direzione della rivista Mondadori – allora mensile – ed aveva coniato lo slogan per la pubblicazione “i fatti separati dalle opinioni”, ispirandosi a quello che facevano il New York Times e il Wall Street Journal. Ma soprattutto volle il settimanale formato tabloid, come Time. Non a caso Sechi definiva la linea politica del settimanale sotto la sua direzione “kennediana” e decisamente laica. Tutti gli articoli dovevano essere improntati a un medesimo stile, sobrio ma narrativo, con la continua ricerca del retroscena e del dettaglio di colore, in modo da differenziarsi dalla prosa paludata dei quotidiani dell’epoca. Alcune rubriche di Panorama, come Periscopio, facevano discutere per la presenza di gossip e di nudi femminili. Facevano discutere e vendere copie, tantissime copie.

Lasciato Panorama nel 1979, dopo 14 anni, Sechi è stato in seguito direttore di quotidiani come La Nuova Venezia e di altri settimanali come L’Europeo, oltre che direttore editoriale dei periodici Rizzoli.

Fu un giovane Carlo Caracciolo a volerlo ai quotidiani veneti della Finegil. Il principe dell’editoria voleva aprire la redazione di Venezia così si affidò a mani esperte come quella di Sechi. Ma c’era da sfidare un monopolio, quello del Gazzettino, che per i veneziani era il giornale. E non è un modo di dire. In laguna chiedere all’edicolante “il giornale” voleva dire Gazzettino.

E così la vita di Sechi non fu per niente facile. Il giornale stentava a decollare. Il direttore, insieme a Caracciolo, si trasferì in Laguna, ma non riuscì mai a scalfire il dominio del Gazzettino.

Ma la Rizzoli non perse tempo e lo prese immediatamente nella galassia di via Solferino. Per due volte gli affidò L’Europeo dove torno a fare quello che più gli era congeniale: il direttore d’orchestra insieme a ragazzi che scopriva e faceva diventare firme. Sechi – grande amico di Enzo Biagi – oltre a essere l’uomo dei fatti separati dalle opinioni, resterà la persona che nel giornalismo ha fatto crescere un numero incredibile di futuri direttori. Lavorare al suo fianco era una garanzia. Semplicemente perché chi aveva quella fortuna imparava a muoversi, scrivere, titolare. E  imparava l’importanza del gioco di squadra.

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