Estratto dal libro “Mani Sporche” di Gianni Barbacetto, Peter Gomez e Marco Travaglio

Fiorani, Gnutti, Ricucci e Consorte. Più gli altri immobiliaristi. E, sopra, il governatore Antonio Fazio, la sua signora e il suo braccio destro Francesco Frasca, capo della Vigilanza di Bankitalia sul sistema creditizio nazionale. Gira e rigira, i protagonisti sono sempre quelli in tutte e tre le tre grandi partite finanziarie del 2005: la scalata a due banche, Antonveneta e Bnl, e l’assalto alla Rcs. Intorno a loro si muove un sottobosco di piccoli banchieri, procacciatori d’affari, faccendieri, ascari della politica e perfino protagonisti del jet-set come Flavio Briatore. A far saltare i giochi provvede la Procura di Milano, che per la prima volta ha in mano un formidabile grimaldello: la legge 62, approvata distrattamente dal Parlamento italiano il 18 aprile 2005 per recepire la direttiva europea sul market abuse. La legge aumenta le pene per l’aggiotaggio e consente le intercettazioni telefoniche per indagare sull’abuso di informazioni privilegiate e sulle manipolazioni di mercato. I pm ricevono un esposto contro la scalata di Fiorani dal legale dell’Abn Amro, il professor Guido Rossi. E chiedono di intercettare gli scalatori e il governatore.

Il gip Clementina Forleo firma l’autorizzazione e bastano due mesi di ‘ascolti’ per scoprire gli abusi di Fiorani e dimostrare che dietro di lui si muovono almeno un regista, Fazio, e vari sponsor politici accomunati da una pervicace tendenza all’illegalità. I pm Eugenio Fusco e Giulia Perrotti, coordinati dal capo del pool reati finanziari, Francesco Greco, scoprono che la Bpl di Fiorani comincia a rastrellare azioni Antonveneta ben prima di quanto dichiarato a Consob e Bankitalia e al di fuori di ogni regola. Fiorani si muove insieme a Ricucci, Gnutti e altri personaggi minori con un obiettivo preciso: impedire il buon esito dell’Opa lanciata il 30 marzo dall’Abn Amro. Appena scatta l’offerta olandese, Fiorani finanzia amici, prestanomi, fondi e società offshore per realizzare una scalata occulta alla banca di Padova che renda vana l’Opa olandese. Poi, a fine aprile, lancia a sua volta un’offerta pubblica di acquisto. Ma, a quel punto, i giochi sono già fatti e Fiorani sa di avere la vittoria in tasca: con i suoi amici ha rastrellato il 40 per cento di Antonveneta. Senza lanciare una regolare Opa, obbligatoria per chi vuole superare la soglia del 30 per cento. Ma l’11 maggio la Consob denuncia il patto occulto tra gli scalatori italiani.

A questo punto Bankitalia dovrebbe bloccare l’operazione. Anche perché il governatore Fazio è già stato allertato sulle precarie condizioni della Bpl dai suoi ispettori, Giovanni Castaldi e Claudio Clemente, che hanno a lungo rovistato tra i conti dell’istituto, constatando che non aveva rispettato i coefficienti patrimoniali a cui sono tenute le banche per evitare il pericolo di crac. Alla fine i due ispettori non hanno avuto dubbi: l’operazione Antonveneta è stata avviata con metodi illegali. Bpl ha finanziato con oltre un miliardo di euro vari prestanomi di Fiorani perché rastrellassero occultamente azioni Antonveneta; e, soprattutto, l’operazione è insidiosissima e minaccia di aprire nei bilanci della Lodi una falla di 2 miliardi di euro. Più che una relazione, quella di Castaldi e Clemente sembra un de profundis per Fiorani e i suoi sogni di gloria. Ma a questo punto interviene Fazio.

Antonveneta, dal “bacio in fronte” ai “furbetti del quartierino”

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