Ha sfidato Cosa nostra e non la teme più Filippo Casella, titolare della P. e D. Trasporti. La sua forza l’ha organizzata e adesso fa parte di un’associazione antiracket catanese dedicata a Libero Grassi, l’imprenditore palermitano vittima della mafia.

Contro il pizzo ci ha messo la faccia. «Gli imprenditori devono denunciare, da quando faccio parte dell’associazione ho convinto altri imprenditori a denunciare i propri estorsori». A Filippo gli hanno chiesto subito 300 milioni. La sua è una ditta di autotrasporti, un settore su cui le cosche hanno messo le mani da tempo, come dimostrano le numerose indagini. «Poi ci siamo accordati per 1 milione delle vecchie lire al mese – racconta l’imprenditore – Il loro obiettivo era impadronirsi dell’azienda, chiedere favori, mettere gente dentro. Questo incubo è durato per circa quattro anni dal 1998 al 2002, poi mi sono stufato e ho denunciato. La vicenda è finita nel 2005, quando i miei aguzzini sono stati condannati tutti, qualcuno è ancora dentro, qualcuno è già fuori».

Erano pezzi da novanta di Cosa nostra catanese, tra questi c’era il fratello di Nitto Santapaola. Non ha più avuto richieste mafiose fino a dicembre scorso, quando si sono presentati nuovamente i picciotti del clan a chiedere conto: «Ho chiamato immediatamente i carabinieri e loro mi hanno aggredito, c’è un’indagine in corso, non posso dire di più. Qui sei sempre attaccato, la realtà è questa. A Catania pagano tutti, nel silenzio». Le cosche si muovono in maniera capillare nel settore del trasporto e così fanno pressioni, non sempre chiedono il pizzo diretto. «Entrano nell’azienda presentandosi come realtà concorrenziali, ma poi aspettano che l’azienda si trovi in difficoltà per appropriarsene».

di Laura Galesi

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