La fiducia. Con invidiabile sprezzo del pericolo, ma per assoluta necessità funzionale, il governo si avvia, alla vigilia del secondo round del match milanese, a vivere un giorno di ordinario terrore. Il prossimo mercoledì, poco dopo le 10, nell’aula di Montecitorio, arriva il decreto Omnibus, in scadenza il 30 maggio e zeppo di questioni che possono creare i più disparati mal di pancia: c’è il depotenziamento del referendum sul nucleare, l’aumento della benzina per il Fus, una deroga urbanistica su Pompei e, dulcis in fundo, una norma sulle tv locali che favorisce Mediaset. E il governo, per evitare il decadimento di questioni di prioritaria importanza, soprattutto per il Cavaliere, sarà costretto a mettere la fiducia.

Ci sono circa 150 emendamenti e il governo non vuole correre il rischio di un ennesimo rinvio. Il referendum sul nucleare incombe, ma pure la questione del Fus non è secondaria anche se, sostengono le opposizioni, l’aumento della benzina non farà che far aumentare l’inflazione. E, soprattutto, metterà nuovamente le mani nelle tasche dei cittadini. La decadenza della misura sul nucleare, poi, per il Cavaliere sarebbe devastante quanto perdere il comune di Milano.

Sarà fiducia, dunque. Nell’Omnibus è inserita anche la questione della trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti in una sorta di nuova Iri, con più poteri decisionali sull’utilizzazione dei fondi dati al ministro dell’Economia. Una misura nata sull’onda dell’emozione creata dal caso Parmalat Lactalys, ma che potrebbe essere utilizzata, in futuro, “per chissà quali inghippi – ha sottolineato sarcastico l’Idv Antonio Borgesi – perché con questo provvedimento la Cassa corre il rischio di prendersi in carico chissà quali pesi morti. A spese nostre, ovviamente”.

Insomma, un decreto assolutamente controverso. Che però va convertito assolutamente nel testo originario, perché altrimenti non servirebbe a nulla. Sarà fiducia, dunque. Il governo la chiederà lunedì, il voto finale sarà – si diceva – mercoledì mattina. Probabilmente in diretta tv. Gli occhi saranno puntati su quelle assenze politicamente eloquenti che potrebbero far tremare l’esecutivo. I rischi reali di caduta per il governo sono pochi. Certo, basta un piccolo errore di valutazione, basta che uno o due Responsabili vadano in bagno nel momento sbagliato. Insomma, basta che qualcosa nella maggioranza non funzioni come da copione che il “disastro” potrebbe dirsi consumato.

C’è chi sostiene che, dopo l’ammissione che il Cavaliere avrebbe fatto l’altra sera a palazzo Grazioli a Claudio Scajola (“Milano è ormai persa”), il decreto Omnibus possa anche diventare il primo di una serie di “incidenti di percorso” che costelleranno la vita del governo. Finché Berlusconi non si renderà conto che è venuto il momento di passare la mano. Ma sono i più, invece, a sostenere che la maggioranza mostrerà compattezza. Nelle forze politiche non c’è alcun interesse a far cadere ora il governo. Nella maggioranza, ma anche nell’opposizione.

Il Pdl è in frantumi e non a caso Berlusconi sta già pensando alla riorganizzazione del partito in vista delle politiche del 2013 (o 2012?) con l’appoggio di Scajola in modo da azzerare gli attuali coordinatori (soprattutto La Russa) e poter ripartire senza correnti interne. La Lega, dopo la debacle milanese del primo turno, ha necessità di riorganizzarsi e di riconquistare una base che è apparsa, via Radio Padania, profondamente scossa e desiderosa di allontanare da sé il peso di un alleato divenuto estremamente scomodo. Il Terzo Polo, sempre su questa falsa riga, deve ancora strutturarsi come entità politica definita che si proietta verso il governo del Paese. E infine le opposizioni, dal Pd, a Sel e all’Idv, che prima di poter pensare serenamente ad affrontare le urne hanno assolutamente bisogno di ritrovare una coesione e, soprattutto, la capacità di rappresentare un’alternativa reale a questo ultimo ventennio politico. Insomma, nessuno è pronto per uno strappo, tutti hanno bisogno di tempo. Il governo, dunque, dovrebbe superare lo scoglio della fiducia. L’importante sarà vedere come. Anche per poter immaginare, al di là dei calcoli e delle convenienze dei partiti, quanto potrà resistere ancora Berlusconi se davvero, come avrebbe detto lui stesso, “ormai Milano è persa”.

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