Durante la notte Tripoli è stata sottoposta a bombardamenti particolarmente intensi da parte degli aerei della Nato, che per tre ore consecutive hanno attaccato diversi obiettivi in varie parti della capitale della Libia. In città, a partire dalle 2 del mattino, si sono susseguite almeno otto violentissime esplosioni e, stando a testimoni oculari, “la direzione da cui proveniva una di esse indica che è stato preso di mira anche il complesso di Muammar Gheddafi”, vale a dire la residenza-bunker del colonnello a Bab al-Aziziya. Sarebbero state colpite inoltre le sedi della televisione di regime ‘al-Jamahiriyah’ e dell’agenzia di stampa ufficiale ‘Jana’, come pure una torre per le telecomunicazioni.

In numerose zone sono risuonate le sirene di allarme, a tratti seguite da raffiche di armi automatiche indirizzate verso il cielo. Funzionari libici hanno condotto un gruppo di giornalisti stranieri a visitare il centro di Chirurgia plastica e per grandi ustionati nel quartiere di Shariah Zawiya, mostrando loro quattro piccoli pazienti feriti, due dei quali in modo grave, a quanto sembra da schegge di vetro proiettate a raggiera dalle onde d’urto delle deflagrazioni. Ai reporter sono state fatte vedere anche le rovine di un palazzo dove aveva sede la Commissione statale per l’Infanzia, andato completamente distrutto.

Un portavoce dell’Alleanza ha rilevato come i raid aerei della Nato su Tripoli non segnino l’avvio di un’escalation della campagna libica degli alleati, ma la volontà di mantenere alta la pressione sul regime di Gheddafi per minare la sua capacità di colpire la popolazione civile. “Noi continuiamo ad applicare la stessa strategia: ridurre il più possibile la capacità del regime di Gheddafi di colpire i civili”, ha detto Carmen Romero. La portavoce ha ribadito che gli obiettivi della Nato sono militari e non ci sono individui specifici tra i target dei raid. La stessa linea ribadita poche ore più tardi dal generale Claudio Gabellini, coinvolto nella pianificazione delle operazioni della Nato in Libia. Rispondendo alla domanda se l’Alleanza sappia se il colonnello è vivo o è morto Gabellini ha risposto: “Non abbiamo nessuna prova su cosa Gheddafi stia facendo e non ci interessa realmente, il nostro mandato è quello di proteggere la popolazione civile, non di colpire individui”.

Ieri il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Anders Fogh Rasmussen, aveva avvertito che per Gheddafi “il tempo sta scadendo”, e che “farebbe meglio a capire al più presto che non c’è futuro né per lui né per il suo regime”.

Intanto continua la lunghissima battaglia per la presa di Misurata. Terza città della Libia per numero di abitanti dopo Tripoli e Bengasi e importante centro industriale nell’epoca d’oro dell’amministrazione del colonnello libico Muammar Gheddafi, Misurata è uno dei centri dove, da metà febbraio, si sono registrati i più violenti combattimenti tra gli oppositori di Gheddafi e i lealisti.

Oggi i ribelli hanno annunciato di aver respinto fuori dal perimetro della città le truppe del colonnello, dopo aver sconfitto le unità che si trovavano ancora alla periferia del centro abitato. Le brigate di Gheddafi sarebbero a 15 chilometri dal centro della città e i ribelli starebbero avanzando su tre direttrici diverse, concentrandosi sulla rotta verso Zlitan. I lealisti, però, mantengono il controllo della parte est dell’aeroporto, distante dalla città. La scorsa settimana jet di Gheddafi hanno bombardato, in giorni diversi, quattro depositi petroliferi nella zona di Qasr Ahmed, nei pressi del porto, e il porto stesso. E in città la situazione umanitaria è allarmante: scarseggiano da settimane cibo, acqua e medicine.

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