E’ bello quando una notizia finisce con un lieto fine, soprattutto quando si tratta di un’indagine su un attentato ai danni di qualcuno. Questa volta tutto è finito per il meglio. L’attentato era un non attentato, l’attentatore era forse un ladro ma forse neanche quello. L’unica cosa accertata sono stati i tre colpi di pistola esplosi da Alessandro Mastore, capo scorta del direttore di Libero.

In sei mesi di indagini gli inquirenti hanno cercato riscontri al racconto fatto da Mastore della notte del trenta settembre scorso quando, secondo quanto raccontato dall’agente, dopo aver accompagnato fino al suo appartamento Maurizio Belpietro, ha visto un uomo armato di pistola in fondo alle scale e ha tentato di fermarlo, senza riuscirci. Ma lo ha rincorso, fino a vedere che scavalcava la recinzione del giardino e sparire. Ne ha persino tracciato un identikit. Questo il racconto del caposcorta. E gli inquirenti fin da subito hanno cercato riscontri, arrivando persino a simulare con degli attori la sequenza. Come fosse un film. Ma il finale fu piuttosto deludente: il presunto attentatore non riusciva a scavalcare il muro di cinta, come invece sostenuto dal caposcorta.

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