“Questioni come quelle di Lampedusa per l’Italia non sono solo problemi, ma andrebbero viste come occasioni per accrescere il ruolo del nostro Paese in Europa, di portare un’esperienza a livello comunitario”. Ne è convinto il sindaco di Novellara, Raul Daoli (Pd), che racconta il caso di questa cittadina in provincia di Reggio Emilia, ribattezzata la capitale dell’integrazione. A Novellara, su quasi 14mila abitanti, gli stranieri sono 18%, appartengono a 50 nazionalità diverse, con cinesi in testa, seguiti da indiani, pakistani, magrebini e cittadini dell’Est-Europa. Nelle classi i ragazzi immigrati o figli di immigrati toccano punte del 40%. “Qui abbiamo una moschea, una chiesa ortodossa, un tempio sik, condividiamo le feste, a scuola facciamo corsi di multilinguismo e multiculturalismo, e non mancano progetti di sicurezza partecipata” spiega il sindaco, per il quale gli stranieri sono una risorsa, non un problema.

“In situazioni di conflitto e guerre civili, o forti stravolgimenti, è normale che ci sia un’esodo” osserva il sindaco, che aggiunge “l’Italia e l’Europa dovevano prevedere lo spostamento di queste persone dal Nord- Africa e invece si sono fatti trovare impreparati”.

Questo senza considerare che “l’Europa ha bisogno di un aggiornamento normativo, perché non può essere bagarre tra gli Stati, tutte le volte”. Quanto all’Italia, continua Daoli, “è sempre stata trascinante in Europa e ha molto contribuito a formare una grande visione europea, rispetto a Paesi più anglosassoni come il Regno Unito e la Germania”.

Insomma, secondo il sindaco che ha vinto la sfida dell’integrazione, se l’Italia e i suoi territori sapranno gestire l’emergenza, gli Stati di provenienza dei profughi “avranno un futuro di grande riconoscenza”. Gestire al meglio questo momento “è un modo per sviluppare un ruolo politico e culturale dell’Italia, non solo economico”, in quelle zone del mondo. Ad ogni modo, secondo Daoli, “i numeri dell’attuale emergenza non spaventano, abbiamo gestito i profughi della guerra nei Balcani che erano tre volte tanto” ricorda, certo che gli arrivi previsti dal Nord-Africa e dalla Libia riguardino “poche persone, sono numeri gestibili, e vanno divisi sul territorio in piccoli gruppi, senza creare nessuna tendopoli. Nessuno si accorgerà della loro presenza”.

Nel caso dei Balcani, riferisce ancora l’amministratore “abbiamo fatto scuole di pace, corsi di gestione dei conflitti, e i profughi sono stati ambasciatori al momento del ritorno nei loro Paesi, così come la cittadinanza locale ha vissuto un’importante esperienza di confronto e di partecipazione attiva”. “Qui – rimarca il sindaco – abbiamo affrontato ormai da un decennio una crescita molto repentina dell’arrivo di immigrati, legato al mondo del lavoro, con una prima fase di azione sui servizi primari: la casa, l’assistenza ai figli, gli asili nido. E’ stata una risposta spontanea che ha coinvolto tutti, imprese, associazioni e cittadini.

Da 5-6 anni, poi, è partito un vero e proprio cammino multiculturale, ben sapendo che i paesi più multiculturali nel mondo sono anche quelli che hanno i tassi di sviluppo più alti, in termini economici e di benessere”.

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