Com’è noto, il Diavolo si nasconde nei dettagli. Nella fattispecie, in un comma del cosiddetto Milleproproghe, il decreto fortunatamente stoppato dal presidente Giorgio Napolitano per incostituzionalità, gigantismo ed eterogeneità. Una modifica di legge che potrebbe colpire migliaia di aziende che hanno avviato cause nei confronti delle banche.

Che cosa comporta questa modifica? Semplice: lo stravolgimento di una recentissima sentenza della Cassazione (n. 24418 del 2/12/10) che, a Sezioni Unite, aveva sancito il diritto dei correntisti a farsi restituire tutte le somme illegittimamente addebitate dalle banche sui conti correnti con la capitalizzazione trimestrale degli interessi. La sentenza della Suprema Corte sanciva che si poteva far causa alle banche 
per la restituzione degli interessi illegittimi entro 10 anni dalla
chiusura del conto.

Il nuovo articoletto nascosto nelle pieghe del Milleproroghe, ed evidentemente “suggerito” al governo dai banchieri, riporta invece indietro le lancette del tempo per reclamare la restituzione degli interessi: precisamente al momento della singola notazione a debito e non più alla chiusura del conto. Con conseguenze disastrose per tantissime piccole aziende che, forti della sentenza della Suprema Corte, avevano avviato cause nei confronti delle banche per vedersi riconosciuti i propri diritti. Se il comma venisse confermato, tutte quelle cause sarebbero perse e le aziende sarebbero costrette a pagare le spese di giudizio e i debiti illegittimi alle banche. Con lo spauracchio del fallimento per mancanza di liquidità.

“Una porcata”, l’ha definita senza mezzi termini un uomo al di sopra di ogni sospetto: quel Domenico Scilipoti che il 14 dicembre scorso aveva smesso la casacca dell’Idv per votare la fiducia a Silvio Berlusconi. Ora, perfino lui si è accorto della schifezza e ha
 presentato un emendamento che punta a risanare la sentenza della Cassazione.

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