“E’ evidente che alcune difficoltà nelle commissioni parlamentari debbono essere risolte: se si è in condizione di poterlo fare siamo della partita, se siamo di fronte a un’oggettiva impossibilità tanto meglio staccare la spina”. Roberto Calderoli torna a minacciare di far cadere il governo. Uscendo dal vertice di via Bellerio, il ministro della Semplificazione, torna sulla bocciatura da parte del Colle annunciando, fra l’altro, che l’incontro tra Umberto Bossi e Giorgio Napolitano non sarà domani. Dopo oltre un’ora però Calderoli affida alle agenzie le dichiarazioni fatte a Sky in merito alla bicameralina: “Staccare la spina? Capiti fischi per fiaschi, la Lega vuole fare le riforme e sta al Governo per questo”.

Sulla composizione delle commissioni è intervenuto il leader dell’Udc. “Non è colpa nostra se la maggioranza si trova a fare i conti con una contabilità parlamentare, essendo partita con 80 parlamentari di maggioranza” ma “le regole alla Camera sono sempre state rispettate” e “fino a oggi non c’è stata nessuna forzatura”, ha detto Pier Ferdinando Casini. “Mi dispiace, bisogna che si abituino a convivere con i numeri che ci sono”. E quindi “se vogliono staccare la spina, noi non possiamo che prenderne atto con serenità. Le elezioni sono un evento democratico, sempre, tanto più se la maggioranza non riesce a produrre risultati concreti”.

Secondo Calderoli, invece, dopo quanto avvenuto con il decreto per il federalismo municipale, “si deve porre il problema della maggioranza oltre che alla Camera e al Senato anche nelle commissioni, questo è il primo punto da correggere”. Detto questo, per il dirigente leghista è chiaro che l’obiettivo del federalismo è prioritario rispetto all’ipotesi di voto anticipato: “La Lega da trent’anni insegue il federalismo – ha sostenuto Calderoli – e ragionevolmente in un paio di mesi la riforma del federalismo fiscale avrà un suo quadro generale. Dopo trent’anni di battaglia, e di fronte a due mesi in più per portare a casa il risultato, la spinta di Bossi ad andare avanti è una scelta di buonsenso”.

Per quanto riguarda l’incontro tra Bossi e il Capo dello Stato, Calderoli ha annunciato che non si terrà domani, come detto dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni. “L’incontro non sarà domani -ha detto Calderoli – però noi abbiamo sempre tenuto in gran considerazioni le opinioni del presidente della Repubblica e con Bossi lo abbiamo sempre tenuto al corrente di ogni passaggio”.

Al vertice di via Bellerio il Carroccio ha dunque deciso di ritornare sulla minaccia di far cadere il governo. E stasera, dopo due settimane di assenza, il senatùr tornerà ad Arcore per parlare con Silvio Berlusconi. Il nodo rimane l’incontro con Giorgio Napolitano per capire come rispettare l’iter legislativo che su suggerimento del premier hanno aggirato provocando l’intervento del Capo dello Stato. La procedura, del resto, è chiara: se la Commissione competente esprime un parere negativo (e il pareggio equivale a un parere negativo) allora il Governo può o recepirlo oppure non seguire le indicazioni ma in tal caso deve presentarsi in aula per spiegare il motivo della scelta. Trascorsi trenta giorni l’esecutivo può comunque approvare la legge delega.

Calderoli, “padre” della riforma federalista, ha sin da subito rassicurato il Capo dello Stato sulla volontà di presentarsi in aula, ma conosce a fondo i rischi della forzatura tentata con l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri straordinario giovedì scorso. Il maggior pericolo è veder sfumare il percorso finora compiuto sul federalismo municipale ed essere costretti a cominciare tutto da zero. Così in via Bellerio il ministro per la semplificazione ha proposto l’unica soluzione: assecondare su tutta la linea Napolitano. Cercando contemporaneamente di rivedere la composizione della bicameralina.

Il lavoro della Commissione riparte questa settimana e con tutta probabilità mercoledì verrà convocato un ufficio di presidenza per fare il punto sull’iter del decreto su fisco regionale e sanità. Nel frattempo il presidente Enrico La Loggia si attende che sia avviato il lavoro di verifica sulla composizione dell’organismo parlamentare. I tempi sul decreto sono, tra l’altro, stretti visto che l’esame della bicamerale dovrebbe concludersi entro il 7 marzo perché il provvedimento è stato trasmesso ai primi di gennaio insieme a quello riguardante il fisco municipale.

La questione chiave rimane dunque il federalismo, ma in via Bellerio è stata affrontata anche la crisi della base leghista, il ventre Padano si sta allontanando sempre più dai vertici e ne critica le scelte. In particolare il non aver staccato la spina al Governo, tenendolo in vita per ottenere il federalismo e poi ritrovarsi con un nulla di fatto in mano. E’ toccato all’eurodeputato del Carroccio Matteo Salvini, stamani, cercare di stemperare gli animi. “Avremmo convenienza elettorale a far cadere tutto e ad andare a votare, perché prenderemmo una barca di voti, però dovremmo ricominciare tutto da capo e avremmo perso due anni e mezzo di lavoro. Finché c’è speranza, noi andiamo avanti”. I Padani della prima ora invocano le elezioni da settimane.

“Non è un mese in più o in meno che fa la differenza – garantisce Salvini – visto che sono vent’anni che combattiamo, però c’è preoccupazione che si perda ulteriore tempo. Ascoltiamo centinaia di persone ogni giorno e c’è incazzatura, preoccupazione perché, appunto, i tempi si allungano – spiega – Qualcuno probabilmente a Roma, sia a destra che a sinistra, non ha colto che o le risposte arrivano in fretta oppure, a prescindere dalla Lega e dalla politica, il Nord che produce se ne va. Sarà la società del Nord tutta, prima ancora che la Lega, a reagire”.

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