In Europa i cittadini contano. Un milione di firme saranno presto sufficienti a chiedere alla Commissione europea di legiferare su qualsiasi cosa in ambito comunitario. Si tratta di una delle conseguenze più interessanti del trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009, che modifica l’intero funzionamento dell’Ue.

Una novità voluta da Bruxelles per coinvolgere i cittadini nel processo decisionale dell’Unione. L’iniziativa popolare europea (Ice) permette ai cittadini di chiedere alla Commissione di presentare una proposta di legge con la raccolta di un milione di firme (lo 0,2 % della popolazione Ue) in “un numero significativo di Stati membri”. Dopo la presentazione della proposta, la Commissione è obbligata a occuparsi della questione, senza se e senza ma.

Una forma rivoluzionaria di democrazia diretta che va oltre l’attuale sistema delle petizioni europee, efficaci ma con un iter spesso troppo lungo. L’Ice permetterà, invece, ai cittadini di condividere il potere d’iniziativa legislativa da sempre in mano solo alla Commissione europea e difeso spesso anche nei confronti delle altre istituzioni comunitarie. Una chimera in Italia, dove le leggi d’iniziativa popolare finiscono in fondo alla pila di documenti di qualche burocrate di palazzo se non direttamente nel cestino della carta straccia. È il caso della proposta sul Parlamento pulito di Beppe Grillo, firmata da 350mila persone, tuttora bloccata in Senato dopo che l’audizione del comico genovese di fronte alla commissione Affari costituzionali ha portato a un nulla di fatto.

Ora a Bruxelles si discute su come far funzionare concretamente l’iniziativa di legge popolare. Ed è proprio qui che potrebbero esserci delle divergenze: il Parlamento europeo, infatti, vuole abbassare la soglia del numero minimo di Stati in cui è stata fatta la raccolte firme (7 contro i 9 originari), prevedere controlli preventivi di ammissibilità e semplificare il processo di raccolta delle firme. A garantire che la proposta sia di interesse europea dovrebbe esserci una commissione composta da cittadini di almeno 7 Stati membri.

Mentre le tre istituzioni Ue (Parlamento, Commissione e Consiglio) lavorano per raggiungere un accordo, gli Stati nazionali scalpitano visto che l’Ice potrebbe avere ricadute pesanti al loro interno. Il mondo delle associazioni è già in movimento e qualche raccolta firme è già partita. La prima, a dire il vero, è già stata consegnata da Greenpeace e Avaaz nelle mani del commissario alla Salute Ue John Dalli: chiede di vietare gli ogm fino a quando verrà istituito un nuovo organo scientifico indipendente che ne valuti l’impatto. Altre possibili iniziative popolari potrebbero riguardare il nucleare, l’informazione e i redditi minimi dei cittadini. Insomma, tutti temi scottanti sui quali le leggi nazionali e comunitarie potrebbero essere sfidate dalla volontà popolare. In Italia fanno sicuramente paura a “qualcuno” le tavole rotonde lanciate dall’eurodeputato Idv Niccolò Rinaldi in collaborazione con professionisti internazionali della comunicazione e giornalisti, per gettare le basi di un’eventuale iniziativa popolare per il pluralismo dei media in Europa.

Ora a Bruxelles si discute su come far funzionare concretamente l’iniziativa di legge popolare. Ed è proprio qui che potrebbero esserci delle divergenze: il Parlamento europeo, infatti, vuole abbassare la soglia del numero minimo di Stati in cui è stata fatta la raccolte firme (sette contro i nove originari), prevedere controlli preventivi di ammissibilità e semplificare il processo di raccolta delle firme. A garantire che la proposta sia di interesse europea dovrebbe esserci una commissione composta da cittadini di almeno sette Stati membri. “Il nostro obiettivo è semplificare l’iniziativa popolare il più possibile per portare l’Europa più vicina ai suoi cittadini. Un’iniziativa dei cittadini e fatta per i cittadini”, ha dichiarato il francese popolare Alain Lamassoure, autore del testo di proposta del Parlamento europeo.

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