Più di trecento persone hanno partecipato all’assemblea del Coordinamento anti-nucleare, indetta dal Comune di Viadana martedì scorso, per concordare iniziative di contrasto e di protesta contro l’annunciata realizzazione di un reattore atomico sul territorio mantovano. “Siamo in tanti, e stiamo lanciando un messaggio d’amore per il territorio con la nostra volontà di tutelarlo”, ha detto il sindaco di Viadana. “Il nostro no è trasversale e democratico, per dimostrare che i cittadini non vogliono l’atomo”, gli ha fatto eco il sindaco di Casalmaggiore. “I Comuni credono nella possibilità dell’autosostentamento energetico, ma il patto di stabilità impedisce di investire ad esempio negli impianti fotovoltaici. Voglio, allora, che le rinnovabili siano incentivate e i limiti di spesa riguardino invece i costruttori di centrali”, ha insistito il primo cittadino di San Benedetto Po. “Riconquistiamoci il Po, poiché il governo saggio delle acque e non il loro sfruttamento è fattore di sviluppo”, ha concluso il sindaco di Suzzara. Mancavano i rappresentanti della Lega Nord, i “tutori del territorio” secondo una vulgata che andrebbe sfatata, forse ancora impegnati nei riti vuoti dell’ampolla con un liquido trasparente da non lasciar scorrere, ma da trasportare blindato dal Monviso all’Adriatico.
Al termine di oltre due ore di dibattito, è stata lanciata una bozza di documento, da sottoporre a tutti gli enti locali del Po, contenente proposte a 360 gradi (raccolte firme, incontri pubblici, sostegno alle fonti alternative, mozioni, manifestazioni). Questa grande risposta, nata sul territorio con un tam tam di casa in casa è molto significativa, perché è stato il modo impetuoso di misurarsi con l’ostilità dei media, che in Lombardia coprono il silenzio di Formigoni di fronte all’annuncio del ministro Romani di due grandi impianti sull’asta del Po. Finalmente il movimento antinucleare, quello per le rinnovabili e quello per l’acqua pubblica si sono incontrati: una lunga e buona semina comincia a dare frutti. Lo svolgimento del referendum per l’acqua è sostenuto con determinazione e con una mobilitazione che non si arresta, la raccolta di firme per la legge di iniziativa popolare a sostegno delle rinnovabili dà risultati straordinari, le mobilitazioni antinucleari ripartono dalla Lombardia con un occhio all’Europa e alla Germania in particolare, collegandosi anche idealmente a quell’asta del Reno dell’Alsazia, lungo la quale si muovono scortati a vista i treni lugubri delle scorie. Acqua, sole, vita e partecipazione contro barre radioattive incapsulate in enormi contenitori, residui della fissione pericolosi per migliaia di anni, rischi incalcolabili, danni certi e nascosti alla salute, piani di emergenza e militarizzazione del territorio. Una “narrazione”, si usa dire, che riguarda territori da abitare prima che da consumare, comunità che si relazionano con l’ambiente prima di degradarlo, cittadini e istituzioni locali che progettano e si organizzano per la distribuzione e il mantenimento delle risorse, prima che per essere solo spettatori, magari risarciti con qualche compensazione.
Accanto ad una visione responsabile del futuro e a una forma inedita di empatia verso le future generazioni, si è notata una grande voglia di creare e condividere informazione, riscoprendo il linguaggio collettivo come prodotto vivo ed efficace della socialità e della convivialità, contro l’opacità e il potere non neutrale della tecnocrazia. La gente in assemblea si capiva al volo e usava espressioni radicate nella quotidianità e nelle loro abitudini proprio per interagire positivamente con la scienza e la tecnologia e impedire che invece queste si dissocino dall’ambiente sociale in cui devono maturare. Una lezione che Veronesi avrebbe dovuto ascoltare, come credo faccia quando vuole curare e non quando pontifica fuori sacco, senza né la dovuta modestia né le conoscenze adeguate. Un avvertimento perché la discussione sul nucleare sia libera e corretta e non mistificata dai messaggi che vengono lanciati con grandi mezzi dalle “potenze” che ne sostengono il ritorno. Solo una straordinaria e diffusa azione dal basso, accompagnata da una praticabile, convincente e desiderabile alternativa, possono ricostruire le condizioni, già oggi infrante, per un dibattito democratico.
Occorre sapere che più della metà di tutti i finanziamenti all’energia nucleare proviene da un gruppo di soli dieci istituti finanziari internazionali; che le grandi banche che si occupano della privatizzazione dell’acqua sono tutte coinvolte anche nei progetti di ripresa dell’atomo civile; che l’interesse militare resta esplicito, determinante e contiguo; che ENEL – principale attore italiano per l’energia da fissione – ha rastrellato in un anno dai piccoli risparmiatori 15 miliardi di obbligazioni aventi come destinazione probabile gli EPR francesi, mentre ha già destinato 20 milioni di euro alla “comunicazione pro-nucleare” (vengono da lì anche gli opuscoli – di cui abbiamo già trattato in questo blog – distribuiti in gran numero da alcune diocesi). Ormai ogni sera a Zapping, trasmissione molto seguita di Radio1, il conduttore Forbice affida ai sostenitori dell’atomo quindici minuti di propaganda senza contradditorio sotto il titolo: “Nucleare, sì grazie”. Repubblica dà sempre più spazio agli “ecologisti pentiti” che elogiano l’apporto dell’uranio alla riduzione dei gas serra e magnifica sulle proprie pagine economiche la modularità e la redditività di inesistenti “minireattori” di nuova concezione. La ministra Gelmini dà l’appoggio del suo ministero alla creazione di corsi all’Università di Genova più inclini alla propaganda che allo studio del ciclo dell’uranio a fini energetici. E non siamo che all’inizio…
Mille assemblee come a Viadana, allora! Ma anche incontri nelle scuole e negli atenei, dibattiti serali, contradditori richiesti ai media locali e nazionali, banchetti e gazebo di incontri nelle piazze per la raccolta di firme sul progetto di legge di iniziativa popolare “Sì alle rinnovabili, No al nucleare”. Per non essere travolti oggi e lamentarci domani…