Nel teatrino della vita reale, la televisione, si è imposta nel corso degli ultimi dieci anni una nuova categoria professionale. Il criminologo. Non erano sufficienti i tanti psicologi e psichiatri che già frequentavano studi televisivi e redazioni dilettando il pubblico e, alla pari del mago Otelma, operando diagnosi a distanza e genogramma desunti dalla lettura dei giornali.

In principio fu Bruno Vespa che tra plastici e psicologia clinica si è destreggiato introducendo nelle nostre case compendi di psichiatria all’interno dei quali un disturbo grave di personalità era trattato con la stessa leggerezza con cui il format “La prova del cuoco” tratta un bucatino all’amatriciana. Non era sufficiente.

Sempre in principio fu il professor Francesco Bruno, un criminologo forforoso e vagamente somigliante a Dinamite Blà, che tra un reperto del Ris e la spiegazione di come funziona la dissociazione nella personalità dell’ultimo infanticida, condannava in presa diretta il reo di turno colpevole, soprattutto, di avere violato la legge in questa epopea televisiva.

Bruno, per motivi cosmetici più che di contenuto, veniva spesso affiancato o si alternava con lo psichiatra Crepet, il quale per la verità, in anni giovanili non aveva scritto un numero considerevole di minchiate sull’adolescenza a rischio. A riprova che la televisione sottrae autorevolezza, il bel Paolo, forse per reggere il paragone con Bruno, ha fondato lui stesso una nuova disciplina: la sentenza scientifica inappellabile. Il reo era inchiodato, prima ancora che dalle prove, dal sapere dell’illustre esperto.

Al pio Vespa tutto questo non era sufficiente: accantonato Bruno e scippandola al suo competitor di Matrix, ragazzo di belle speranze tal Vinci, ha ancora di più elevato l’estetica della criminologia invitando Roberta Bruzzone.

Donna, piacente, bionda dallo sguardo penetrante è riuscita a perfezionare l’immagine di una professione zoppicante per carenza di epistemologia, e ha rilanciato l’intera categoria. Il sapere degli esperti sconfina finalmente con l’orrore dei fatti reali e chi assiste, magari provenendo dall’estero, al reality vespiano può addirittura pensare che la callida assassina sia la Bruzzone e il povero testimone il sottomesso Misseri.

In mezzo un sapere criminologico sconfinato che si altalena tra prove del Dna e approfondimenti psichiatrici, tra identità normative e investigazioni fantascientifiche: il tutto condito da fonti certe e autorevolissime quali le pagine di un quotidiano. In mezzo un mondo in cui i misteri della vita rimangono misteri per l’umanità ma non per quei pochi fortunati che hanno studiato criminologia.

Avviso ai futuri assassini: nello studio del delitto perfetto introducete anche il fattore temporale. Si uccida, se proprio si deve uccidere, nei mesi estivi, periodo di sonnolenza dei produttori televisivi e di ferie meritate di psichiatri e criminologi.

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