Le pubbliche amministrazioni italiane – o almeno quelle che hanno adempiuto all’obbligo di trasmissione dei relativi dati al Ministero della funzione pubblica – hanno speso nel 2009 un totale di 1.439.651.387,26 euro in consulenti esterni ed esperti (con un aumento del 10,54% rispetto a quanto comunicato nello stesso periodo per il 2008).

E’ questo uno dei primi dati di sintesi che emerge dai risultati dell’Operazione trasparenza promossa dal Ministro Brunetta.

Si tratta di un dato da prendere, naturalmente, con le dovute cautele perché, probabilmente, influenzato da una serie di elementi e variabili non evincibili dalle schede di sintesi pubblicate dal Ministero, ma, certo, sembra potersi escludere che la nostra Pubblica Amministrazione, nell’ultimo anno, abbia davvero “tirato la cinghia” come da più parti si è raccontato.

Il solo dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri – sebbene in un anno segnato certamente da eventi del tutto straordinari – ha speso in incarichi e consulenze esterne  3.761.783, 99 euro.

A scorrere, però, i dati relativi alle spese in consulenze esterne ed esperti sostenute dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri uno degli elementi più singolari ed inquietanti – specie per chi si occupa di innovazione – è, certamente, rappresentato dagli oltre 2,5 milioni di euro pagati, ad esperti e consulenti, dal Centro Nazionale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione (ex CNIPA, oggi DigitPA) nel solo 2009.
Si tratta di un importo pari a quasi il 30% della spesa complessiva sostenuta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in consulenti ed esperti.

Numeri davvero troppo importanti a fronte dei pochi gadgets innovativi (emoticons, certificati medici online, Pec ecc.)  con i quali il Ministro Brunetta ha promosso il suo sogno della PA Digitale.

O, quindi, la Presidenza del Consiglio dei Ministri paga troppo i suoi consulenti in innovazione o, li paga quanto meritano ma non è poi in grado di ascoltare i suggerimenti che riceve e di metterli in pratica.

Un’altra anomalia relativa al Dipartimento della Funzione Pubblica e l’innovazione che emerge dai dati dell’Operazione trasparenza è rappresentata dall’apparente dissolvimento dell’Agenzia per la diffusione delle tecnologie dell’Innovazione che, pure, fa capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e, in particolare, al Ministro Brunetta.

Sembra difficile credere che l’Agenzia, benché abbia lavorato davvero poco, nel 2009 non abbia generato dei costi e gestito un budget.

Negli elenchi pubblicati dal Ministero della funzione pubblica, tuttavia, non c’è traccia dei costi sostenuti per l’Agenzia né tra i consulenti del Ministero della Funzione pubblica si ritrovano gli uomini dell’Agenzia.

C’è poi un altro dato davvero inquietante tra i risultati pubblicati dal Ministro Brunetta nell’ambito della propria Operazione Trasparenza: quello delle amministrazioni che non hanno trasmesso al Ministero della Funzione Pubblica i dati richiesti.

L’Autorità Garante per le comunicazioni, l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, l’Agenzia per la sicurezza nucleare, la Consob, l’ISVAP e, persino – e sembra davvero il colmo – l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture figurano nell’elenco dei “cattivi” ovvero delle amministrazioni che hanno omesso la comunicazione, relativa all’anno 2009, avente ad oggetto l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza.

Il dato lascia davvero perplessi: una serie di Autorità cui è demandato il controllo e la vigilanza su settori strategici tra i quali, proprio, i contratti pubblici che si sottraggono all’adempimento di un obbligo di trasparenza.
Nell’elenco delle amministrazioni inadempienti, peraltro, figura anche il Consiglio Superiore della Magistratura.

Un fatto grave e inquietante se confermato, quale che sia la posizione di ciascuno circa l’utilità di queste forme di trasparenza tanto care al Ministro Brunetta.

Se un obbligo esiste va, evidentemente, adempiuto.

Occorre, tuttavia, essere cauti nel trarre conclusioni affrettate perché il sito del Ministero della Funzione Pubblica sul quale sono pubblicati gli elenchi delle amministrazioni inadempienti informa che l’inserimento di un’amministrazione in questi elenchi può essere dovuto a tre distinte circostanze: (a) il fatto che l’amministrazione non abbia assegnato alcun incarico esterno ad esperti o consulenti, (b) il fatto che non abbia comunicato al Ministero della Funzione Pubblica i dati nel formato richiesto e ne abbia, dunque, precluso l’agevole lavorazione o, infine, (c) il fatto che abbia omesso volontariamente di fornire i dati che la legge le impone di fornire.

Si tratta di un ventaglio di possibilità molto diverse le une dalle altre ed è davvero inaccettabile – ed al riguardo sussiste una grave responsabilità del Ministro Brunetta – che nell’ambito di un’Operazione Trasparenza si proceda alla pubblicazione di dati tanto ambigui.

Il Consiglio Superiore della Magistratura o l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici hanno davvero deliberatamente ritenuto di sottrarsi all’adempimento di un obbligo di trasparenza loro imposto dalla legge o, invece, semplicemente, non hanno affidato consulenze esterne o, ancora, hanno sbagliato – colpevolmente o meno – nel formato con il quale fornire i dati al ministero della Funzione pubblica?

Era così complicato precisare nella documentazione pubblicata quale sia la causa dell’inserimento di un amministrazione nell’elenco degli inadempienti?

Si tratta – assieme alla scelta di pubblicare i dati in un’interminabile serie di tabelle in formato “pdf” e di rendere, così, non disaggregabili né processabili i dati – di un profilo che induce a dubitare seriamente che la trasparenza sia il vero obiettivo dell’Operazione Trasparenza.

L’open government e l’open data che Barack Obama sta imponendo all’amministrazione americana restano lontani anni luce dai Palazzi di Roma.

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