Un anno fa (il 23 settembre) usciva il primo numero de Il Fatto Quotidiano.  Nell’anno nero dell’editoria in cui tante  testate italiane ridimensionavano ed altre dichiaravano lo stato di crisi. Noi siamo usciti. Con poche pretese ma tante idee su cosa questo giornale non sarebbe stato. Per chi, come me, c’è dall’inizio voglio assicurarvi che la cosa più significativa di questo giornale è che permette, a chi ci lavora, di continuare ad essere un giornalista “dalla schiena dritta“. Vi assicuro che non è poco.

Questo, a mio parere,  è il tratto distintivo del Fatto Quotidiano che, come ben sapete, non riceve alcun finanziamento pubblico e, di fatto, beneficia di una ridotta raccolta pubblicitaria tra l’altro molto selezionata dallo stesso direttore Antonio Padellaro che considera un fatto di coerenza anche per i lettori essere liberi da lacci e lacciuoli economici. La cosa curiosa è che voi lettori ci avete creduto subito. Un po’ come si fa comprando una casa sul preliminare: non sai esattamente come sarà finita. Nonostante questo però, fin dall’inizio, oltre 40 mila persone hanno sottoscritto un abbonamento ad un giornale che non c’era ancora. Incredibile, vero? Ma è successo.

Poi quella frase scritta da qualcuno di voi tra i commenti dell’ Antefatto e che ho ripreso anche nella mia biografia.

Diceva: “Continuate così. Noi siamo il vostro editore. Fino a che noi continueremo a comprarvi non dovete temere nulla“.

Non si tratta di uno slogan pubblicitario ma della verità. Ecco grazie anche voi noi giornalisti de Il Fatto Quotidiano possiamo mantenere la schiena dritta. Sempre e comunque. Magari sbagliando ma con una grande  certezza: che per noi contano i fatti.

Di seguito allego un simpatico racconto che mi ha mandato la  collega del “Mattino” Chiara Graziani

Agosto, Napoli deserta è un ricordo d’altri tempi. Scendo tardi, caffè e giornali. Edicola di fiducia, sotto casa, a piazza dei Martiri. In genere l’edicolante mi vede arrivare e io trovo Il Fatto pronto sul vassoio degli spiccioli. Stavolta no. “E’ andato via entro le dieci, stamane, mi spiace“. Poco male, cambio strada e cambio meta per il caffè. Seconda edicola: “Il Fatto? Esaurito“. Entro le dieci? “Ah, no, anche prima“. Seleziono mentalmente un terzo bar e mi avvio alla terza edicola ma solo per raccogliere il terzo no. Al quarto bar prima prendo il caffè, tanto già immagino la risposta: “Signora, va via subito in questi giorni”. Per farla breve la scena si ripete un giorno, due, tre. L’edicolante di fiducia mi racconta che la distribuzione aveva tagliato per agosto e che lui ha reclamato per avere la quota invernale di copie: “Li vendo? Allora tu mandameli… Il Corriere te lo rimando a pacchi ma il Fatto non fa resa…“. Mi levo lo sfizio della mia piccola inchiesta. Cosa sta accadendo? La risposta più bella di tutte me la dà un edicolante di via Chiaia, per i napoletani all’ombra del famoso ponte di Monte di Dio. “Signo’,  chelli, Berlusconi e Fini si scornano tutti i giorni. E la gente vuo’ capi’ ‘o fatto che sui giornali non si capisce. E così  s’accatta ‘O Fatto. Pecchè chello, ‘O Fatto, è ‘cchiù veritiero. Mi spiego?” Benissimo. E a voi piace? “Io? Io sono dell’altra parte, a destra. Preferirei venderne un altro di giornale. Ma finchè la gente compra, sono contento anch’io“. Capito ‘o fatto? Un piccolo suggerimento. Se mai esisterà un’edizione napoletana – ad maiora! – la sovratestata dovrebbe portare il motto: “‘O Fatto è veritiero“. A Napoli già lo sanno.

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