Il referendum sul lodo Alfano è a rischio e così Antonio Di Pietro gioca il tutto per tutto. Finora sono arrivate a Roma solo 430mila firme certificate di cittadini che vogliono abolire la legge sul legittimo impedimento e dire di no al nucleare e alla privatizzazione dell’acqua. Altre 320mila, già raccolte, ma ancora prive delle certificazioni necessarie sono invece bloccate nelle sedi regionali del partito. Così il leader dell’Idv è andato su tutte le furie e il 21 luglio ha inviato una durissima mail ai coordinamenti di Calabria, Marche, Toscana, Puglia, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Umbria. Una sorta di ultimatum. O le nuove firme arrivano entro una settimana o nelle sedi periferiche salteranno molte teste.
“Ho il dovere di segnalare”, scrive Di Pietro nella mail, “che – per colpa vostra – rischiamo di fallire la raccolta delle firme. Se ciò dovesse accadere mi spiace ma – cascasse il mondo – dovrò azzerare i vostri ruoli e le vostre funzioni all’interno del partito”.
Insomma, chi non porta risultati verrà ‘licenziato’ per direttissima. Nessun voto da parte di un qualche organo assembleare del partito? A leggere la mail di Di Pietro pare di no: se ne occupa il presidente.“Lo devo”, spiega, “agli altri che hanno fatto e stanno facendo il proprio dovere”.
Facile immaginare la soddisfazione del premier Silvio Berlusconi se la raccolta firma fallisse. Nel caso in cui la Consulta dovesse ritenere non illegittima dal punto di vista costituzionale la legge che ha reso improcessabile il premier e tutti i ministri, il referendum rappresenta l’ultima chance per cancellare la norma. Un lodo che rende  23 cittadini diversi da tutti gli altri.

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