Tensione alle stelle tra la Germania e i paradisi fiscali. In attesa di accordi bilaterali consolidati (ad oggi difficili da ipotizzare), le autorità tedesche attaccano su più fronti intensificando un conflitto che non esita a nutrirsi di compromessi poco ortodossi ma, al tempo stesso, terribilmente efficaci. L’ultimo “atto di guerra”, in questo senso, si sarebbe consumato nello Schleswig-Holstein, estremo land nord-occidentale al confine con la Danimarca. Secondo le indiscrezioni rese note in esclusiva dal quotidiano Sueddeutsche Zeitung, l’amministrazione locale avrebbe avviato una trattativa per l’acquisizione di un preziosissimo cd contenente i dati di centinaia di evasori tedeschi titolari di conti riservati in una banca del paradisiaco Liechtenstein. Il prezzo delle informazioni non è ovviamente noto, ma il valore potenziale dei dati bancari sarebbe enorme. Secondo lo stesso quotidiano bavarese, i capitali tedeschi occultati nell’istituto in questione, la Liechtensteinische Landesbank, ammonterebbero a circa mezzo miliardo di euro.

In una dichiarazione ripresa dall’agenzia Bloomberg, il portavoce della banca Cyrill Sele ha definito la storia “una speculazione giornalistica” negando che un simile cd sia stato sottratto per essere messo in vendita alle autorità. Il governo dello Schleswig-Holstein, tuttavia, non ha voluto confermare né smentire la vicenda trincerandosi dietro un no comment che potrebbe in qualche modo apparire sospetto. Il Sueddeutsche Zeitung non ha specificato la natura della sua fonte ma la storia appare ugualmente plausibile. Non sarebbe la prima volta, infatti, che le autorità tedesche accettano di scendere a patti con gli insider dei più “riservati” istituti di credito del continente acquistando informazioni sul “mercato nero”. Già nel 2008, ricorda Bloomberg, Berlino avrebbe recuperato 200 milioni di tasse evase dopo aver acquisito informazioni su una serie di conti bancari detenuti in Liechtenstein.

Più recentemente lo stesso governo centrale e l’amministrazione della Bassa Sassonia avrebbero staccato un assegno da 185 mila euro per entrare in possesso delle informazioni relative a circa 20 mila conti svizzeri. Quello proposto allo Schleswig-Holstein sarebbe il settimo cd in procinto di finire nelle mani delle autorità tedesche nell’ultimo triennio. Sebbene ancora denso di misteri, l’affaire Liechtenstein contribuisce in ogni caso a tenere alta la tensione nel conflitto tra Berlino e i “paradisi” europei che vede nella vicina Svizzera il fronte più caldo. La scorsa settimana ben 140 agenti del fisco tedesco avevano condotto un maxi raid contro 13 filiali tedesche del colosso elvetico Credit Suisse. Le perquisizioni, nate anch’esse dalla precedente acquisizione di informazioni riservate, si collegavano a un’ipotesi di reato piuttosto grave. Secondo gli inquirenti, infatti, Credit Suisse non si sarebbe limitata ad accogliere i capitali stranieri ma avrebbe offerto vere e proprie consulenze per aiutare i correntisti tedeschi ad evadere il fisco.

Una vicenda che ricorda molto da vicino il conflitto scatenatosi nei mesi scorsi tra l’istituto elvetico Ubs e l’Internal Revenue Service (Irs), l’agenzia delle entrate degli Stati Uniti. La questione, come noto, si sarebbe risolta con un accordo tra Washington e Berna. Un tipo di traguardo che, nello scontro aperto con Berlino, appare al momento molto lontano. Svizzeri e tedeschi, in altri termini, restano per il momento ancorati alle proprie posizioni. Le banche della Confederazione insistono nel giudicare illegittime tutte le indagini nate dall’acquisto di informazioni riservate rifiutandosi, di conseguenza, di offrire qualsiasi collaborazione. La autorità tedesche si trovano così costrette ad aggirare l’ostacolo concentrando l’attenzione sulle filiali presenti in Germania per le quali le indagini non necessitano del nulla osta elvetico. Tra perquisizioni e denunce, la guerra può dunque continuare. Per gli evasori si preannunciano tempi durissimi.

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