Firenze – Un nuovo capo d’accusa per l’ex assessore all’urbanistica di Firenze, Gianni Biagi, già accusato di corruzione e ora anche di turbativa d’asta. La maledizione di “Firenze2” continua: lo scorso novembre colpì duro il potere del sindaco Leonardo Domenici, sgretolandolo, mentre dopo dieci anni a Palazzo Vecchio si apprestava al ruolo di osservatore alle primarie del Pd per la sua successione.

L’inchiesta messa in piedi dal procuratore capo Giuseppe Quattrocchi fu l’inizio della fine politica di Graziono Cioni, l’assessore-sceriffo di area dalemiana indicato da tutti in città come favorito di quelle primarie. “Violenza privata aggravata” è una delle accuse rivolte a Cioni, ormai costretto a una vita da pensionato della politica, per una vicenda parallela a quella di Firenze2 che si intrecciava alle primarie: Cioni avrebbe fatto pressioni con tanto di minacce all’imprenditore Marco Bassilichi, per rimuovere la dipendente Sonia Innocenti (in seguito candidata del Pd al Consiglio comunale e non eletta), sostenitrice di Lapo Pistelli (in quel momento anche lui in corsa), dall’incarico di rappresentare l’impresa dello stesso Bassilichi con le pubbliche amministrazioni. La minaccia sotto forma di consiglio sarebbe stata ribadita, su richiesta di Cioni (all’epoca infatti parevano buoni amici), da colui che poi trionfò alle primarie per poi diventare sindaco un mese fa: Matteo Renzi, che non è mai risultato indagato per questa vicenda e che, per altri versi, ne esce benissimo come vedremo più avanti.

L’altra accusa per Cioni è quella di “concorso in corruzione” nell’affare Castello, ovvero l’area di 170 ettari di proprietà della Fondiaria Sai di Salvatore Ligresti (anche lui indagato con la stessa accusa, insieme al suo braccio destro Fausto Rapisarda), che sorge a nord di Firenze e che prima di esser posta sotto sequestro era destinata alla costruzione di una città satellite: la cosiddetta Firenze2. La stessa accusa, quella di “concorso in corruzione” che riguarda anche Gianni Biagi, fino allo scorso novembre assessore all’urbanistica; lui decise di dimettersi proprio all’arrivo dell’avviso di garanzia: con l’appoggio incondizionato all’operazione Ligresti, Biagi avrebbe ottenuto in cambio la promessa di “benefici economici per sé e per altri” e di “piazzare” due tecnici di suo gradimento (i progettisti Vittorio Savi e Marco Casamonti, quest’ultimo poi arrestato per un’altra faccenda in cui avrebbe pilotato una gara d’appalto) in incarichi di progettazione della stessa area in costruzione.

Cioni, insomma, fu costretto dal partito alla rinuncia alle sue ambizioni di diventare sindaco, buttato fuori dalle primarie, ma restò fino alla fine al suo posto di assessore, mentre Biagi lasciò subito la giunta.

Nel frattempo la vita politica fiorentina è stata sconvolta e rivoltata come un calzino. Abbiamo visto anche Leonardo Domenici, mai indagato, in catene a Roma davanti al Gruppo Espresso per protestare contro una campagna di stampa, per lui, architettata ai suoi danni (Berlusconi docet): la colpa dei giornali fu quella di riportare l’intercettazione della telefonata nella quale il sindaco Domenici dice al suo assessore Biagi: “Fa cagare da sempre”, in riferimento al parco, nuovo polmone verde previsto proprio a Castello dalla convenzione con Fondiaria Sai, ma a cui Domenici preferiva l’idea della Cittadella Viola, il nuovo tempio della Fiorentina sognato dai Della Valle.

Oggi, con Cioni non più  protagonista in città e Domenici spedito al parlamento europeo dal Pd, a Biagi – che nel frattempo è ritornato al suo lavoro di funzionario in Regione Toscana –  viene rivolta anche una nuova accusa: turbativa d’asta. E per questo fra qualche giorno farà di nuovo visita in procura, per essere interrogato. Biagi dovrà rispondere dall’accusa di esser stato responsabile del fallimento di una gara d’appalto “mediante collusioni con gli imprenditori interessati alla partecipazione”. Fu presentata un’unica offerta, relativa a un ex immobile Telecom per altro “privo dei requisiti urbanistici richiesti”. La Provincia, il cui presidente era l’attuale sindaco Matteo Renzi, non diede seguito alla gara e, anzi, allo scoppiare dello scandalo Renzi dichiarò la “massima disponibilità nei confronti dei carabinieri” fino a valutare “l’ipotesi di costituirci parte civile”. E non è escluso che la Provincia, adesso guidata da Andrea Barducci, possa davvero prendere questa decisione.

Per la procura Biagi addirittura contrastò “le determinazioni del presidente della Provincia (Matteo Renzi, la sede dell’ente doveva esser trasferita in una nuova costruzione a Castello ovviamente, ndr), adottando iniziative per dissuadere gli imprenditori fiorentini potenzialmente interessati” all’appalto, tanto da dare “disposizioni affinché le prime concessioni relative alla realizzazione degli edifici di edilizia privata fossero rilasciate senza che alcuna concreta determinazione fosse stata assunta con riguardo alla realizzazione del parco pubblico”. Sempre quel maledetto parco al posto del quale Domenici vedeva meglio uno stadio.

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