Incroci

Referendum Riforme, a Caserta la Boschi parla e gli indagati per camorra la applaudono

Caserta, la ministra promuove la riforma costituzionale davanti a presenze imbarazzanti

11 Luglio 2016

È la dimostrazione che il Pd è un partito plurale e pluralista. Fa stare uno vicino all’altro commissari antimafia e indagati di camorra. Sotto lo sguardo compiaciuto di Maria Elena Boschi, l’altro ieri sera a Caserta per l’avvio della campagna referendaria per il sì. Tra il pubblico, ad ascoltarla ed applaudirla, c’erano infatti sia il capogruppo dem in commissione parlamentare antimafia Franco Mirabelli, commissario dei democratici casertani, sia due politici, un sindaco e un ex sindaco del comprensorio, indagati per concorso esterno in associazione camorristica. Confusi e mischiati tra centinaia di persone stipate nella sala dell’Hotel Royal, grazie alle foto postate sui social e ai racconti dei presenti, apprendiamo che ad ascoltare la ministra c’erano il sindaco Pd di Casapesenna Marcello De Rosa e l’ex sindaco Pd di Marcianise Filippo Fecondo. Il primo è riconoscibile nella foto, in piedi e con la camicia azzurra aperta, alle spalle del neosindaco di Marcianise, Velardi.

De Rosa e Fecondo sono indagati in due distinte inchieste della Dda di Napoli coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Secondo le indagini seguite dal pm Catello Maresca, De Rosa nel 2014 ha vinto le elezioni anche grazie al sostegno dell’ex sindaco Fortunato Zagaria, anche lui indagato per concorso esterno in associazione camorristica e imputato in un processo per minacce ai danni dell’ex primo cittadino Giovanni Zara. Un sostegno emerso da alcune trascrizioni di intercettazioni tra Zagaria (solo omonimo del boss Michele Zagaria) e De Rosa nel maggio e giugno 2014, in coincidenza con le amministrative. Per Fecondo invece le accuse affondano in anni più lontani, tra il 2001 e il 2006, quando per gli inquirenti fu eletto sindaco con l’appoggio elettorale del clan Belforte.

Lo affermano tre pentiti, Michele Frongillo, Bruno Buttone e Claudio Buttone, in verbali depositati in alcuni dibattimenti. Alla ricerca di riscontri, a maggio il pm Luigi Landolfi ha inviato i carabinieri negli uffici elettorali della città visitata un mese fa da Renzi, per acquisire i risultati di quelle vecchie elezioni “divisi sezione per sezione”. Pare che il clan dei Casalesi fosse particolarmente forte in alcune zone della città ed è in quelle sezioni che la Procura vuole veder chiaro. Le due inchieste sono ancora in fase embrionale, e più volte i due hanno reclamato la loro estraneità alle accuse. Al sindaco di Casapesenna peraltro è stata assegnata una scorta per minacce da ambienti criminali.

Sulle loro vicende il Pd locale ha assunto una posizione prudente, a metà tra la fiducia nella magistratura e lo stop alla strumentalizzazione dei casi. Una posizione che ha fatto infuriare la senatrice dem Rosaria Capacchione, la giornalista che vive sotto scorta per le minacce dei clan e ha annunciato di non volersi ricandidare, in polemica con la morbidezza del renzismo sul rischio infiltrazioni camorristiche nel Pd dopo il caso Graziano, il consigliere regionale casertano ed ex consulente dei governi Letta e Renzi, intercettato con un imprenditore del clan Zagaria a dialogare di scambi di favori e voti. Capacchione era assente all’appuntamento con la Boschi. E Mirabelli l’ha fatto notare, con una piccola vena polemica. Possibile che, da commissario del Pd casertano, non abbia notato le due presenze imbarazzanti?

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