Poker e scommesse

Bari chiama Malta: “Vitino” e l’azzardo del gioco online

Vito Martiradonna, condannato per associazione mafiosa, è l’uomo ombra di un complesso sistema di scatole cinesi che porta alla Bet1128, società che fa soldi in tutta Europa

Di Matteo Civillini Craig Shaw*
17 Ottobre 2016

Malta è il nuovo paradiso del gioco d’azzardo. È stato il primo Paese europeo a regolarizzare il mercato del gioco online arrivando a ben 23 nuove concessioni all’anno. Ma ogni boom ha il suo prezzo: le autorità non sono in grado di vagliare tutte le richieste e il compito di controllare che le sale giochi virtuali non diventino buchi neri del riciclaggio viene delegato a una miriade di società fiduciarie attive sull’isola, molte delle quali operano in pieno conflitto d’interesse. Malta è tanto gettonata perché permette la registrazione di siti di scommesse online con il suffisso .com, non permessi in Italia, ma che spesso in barba alla legge si trovano offerti nei centri scommesse italiani. In due parole si ottiene facilmente una licenza maltese e la si usa per operare anche in Italia senza il permesso dell’Aamps, l’azienda dei Monopoli di Stato.

Tra i tanti che hanno sfruttato questa strategia per guadagnarsi una fetta importante di mercato senza dover ottenere una concessione italiana c’è il marchio Bet1128, un brand di casinò e scommesse online che lavora in tutta Europa. Ma dietro a Bet1128 si cela un complesso gioco di scatole cinesi che ci porta fino a Bari, residenza di Vito Martiradonna, detto Vitino l’Enel, cassiere della Sacra Corona Unita di Bari Vecchia.

Fino a sette anni fa la Bet1128 era gestita da una società britannica, la Paradise Bet Ltd. Ma a novembre 2009 il marchio viene trasferito in tutta fretta a Malta. Un mese dopo i primi azionisti (con il 37% delle quote), figli di Vito Martiradonna, finiscono con il padre nella bufera della maxi-operazione Domino della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari che colpisce un centinaio di presunti affiliati al clan Parisi. Vito e i figli Francesco e Michele vengono arrestati con l’accusa di trasferimento fraudolento di valori. Francesco è processato anche per traffico di cocaina: verrà condannato a 12 anni in primo grado e poi assolto in appello.

Secondo quanto risulta dalle intercettazioni, sarebbero proprio i figli di Vito Martiradonna, sorvegliato speciale, a gestire un marchio di gioco online a Londra. Per l’accusa agiscono come prestanome del padre, che avrebbe cercato di investire le sue ricchezze in società per il gioco d’azzardo all’estero, visto che in Italia sono state messe sotto sequestro. A partire dai primi anni ‘90 Vito Martiradonna finisce più volte sul banco degli imputati, ma viene sempre assolto. Tranne nel 2007, quando è condannato definitivamente a tre anni e quattro mesi per associazione di stampo mafioso per avere agito quale cassiere del clan Capriati, importante famiglia della mafia pugliese.

Sono le telefonate del 2001 tra Vito e il figlio Francesco a fare sospettare alla Guardia di Finanza che il deus ex machina della società di scommesse inglese, la Paradise Bet, sia Martiradonna senior. Il legale della famiglia Martiradonna, Giancarlo Chiariello, sentito dal Fatto Quotidiano, sostiene che “a quanto risulta dagli atti di indagine, Vito Martiradonna è del tutto estraneo alla compagine societaria della Paradise Bet”. Vero. Lo confermano le visure camerali ottenute dal centro di giornalismo d’inchiesta Irpi.

Eppure dalle intercettazioni emerge che sarebbe stato Vito Martiradonna a suggerire che fosse suo figlio Francesco a guidare la Paradise Bet a Londra. Francesco dimostra spirito imprenditoriale: nel 2007 ottiene una licenza inglese per il sito di gioco online paradisebet.com. Il successo è tangibile. Dai modesti guadagni dei primi anni – meno di cinque milioni di sterline all’anno – nel 2008 il volume di affari di Paradise Bet è arrivato a oltre 100 milioni l’anno. Un successo coinciso con il lancio di un vero e proprio marchio di scommesse online: il Bet1128.

Per il collaboratore di giustizia Michele Oreste la Paradise Bet altro non sarebbe che un’operazione di riciclaggio. “Io questa situazione l’ho sentita da un certo Giuseppe Ruggero detto ‘Peppino Capannone’, della Città Vecchia”, racconta agli inquirenti. “È un vecchio contrabbandiere, stava con me in carcere, però è un uomo vicinissimo ad Antonio Capriati. È la memoria storica della malavita barese. Lui disse: ‘Guarda che Vito ha fatto un salto di qualità notevole, loro hanno aperto online un sito’, una cosa per fare delle scommesse”. Il collegio giudicante non lo ritiene attendibile e assolve i Martiradonna nel 2012.

Un programmatore inglese che ha lavorato per la Paradise Bet, però, si vanta pubblicamente sul suo profilo LinkedIn di aver aiutato la società, che era – come scrive in una nota – “nel mirino del Governo Italiano che la voleva far chiudere”, a mantenersi in vita “nascondendone la presenza”. Una soluzione da trovare in due settimane. Secondo quanto ricostruito dall’Irpi, questa soluzione sarebbe stata il trasferimento del marchio Bet1128 e i suoi 11 siti web dalla londinese Paradise Bet alla maltese CenturionBet. I proventi di questa vendita, circa dieci milioni di sterline, non si trovano però da nessuna parte nei bilanci della Paradise Bet.

Questo passaggio di proprietà ha “sollevato” la Paradise Bet da buona parte dei suoi debiti: milioni di euro dovuti a creditori e giocatori che si sono sentiti dire che i soldi presenti nei loro conti di gioco non sarebbero stati riconosciuti dal nuovo management. Acquisendo non Paradise Bet ma solo il marchio e i siti, Centurionbet non ha infatti dovuto saldare i debiti del venditore. Così, quando la Guardia di Finanza ha sequestrato la società, della Paradise Bet non rimaneva altro che una scatola vuota piena di debiti. Tutti gli asset di valore erano infatti ormai passati nelle mani di Centurionbet. La società era stata registrata a Malta nel 2008 da un agente che fornisce l’indirizzo di un anonimo appartamento della periferia di Bari e per più di un anno non esegue alcuna operazione. Poi, in concomitanza con lo scattare dell’operazione Domino, cambiano repentinamente amministratori e azionisti (un susseguirsi di fondi registrati in paradisi caraibici di cui è impossibile scoprire il vero volto).

Centurionbet ha negato “qualsiasi coinvolgimento della famiglia Martiradonna negli affari della Bet1128”. E formalmente, negli assetti della società, i Martiradonna non ci sono. Vengono però indicati quali “Business Manager” di alcune delle piattaforme online della Centurion, amministrata da uomini di loro fiducia. Infatti, il nome che spicca sulle visure del gruppo maltese è quello di un ex direttore del gruppo Paradise Bet che ha lavorato a stretto contatto coi Martiradonna a Londra. Secondo il catasto inglese, a metà degli anni 2000 risiedeva in una villa da mezzo milione di euro intestata ad uno dei Martiradonna. A ipotizzare un futuro trasferimento a Malta era, peraltro, stato lo stesso Francesco Martiradonna, in una delle tante telefonate intercettate dalla Guardia di Finanza. “Se questi mi danno la metà tutti e fanno gli scemi la faccio io la società a Malta da solo”, dice ad un socio della Paradise Bet in una conversazione.

In merito all’accusa di raccolta illecita di scommesse, Vincenzo Scarano, legale di Centurionbet, sostiene che Bet1128 sia stata beneficiaria di diverse sentenze di assoluzione e decreti di archiviazione perché “discriminata nell’ultimo bando di gara per l’aggiudicazione di nuove concessioni in Italia”.

Il legale di Centurionbet non ha risposto a successive richieste di chiarimenti sull’assetto societario di Bet1128 e sul trasferimento dal Regno Unito a Malta.

I figli di “Vitino l’Enel” negano comunque alcun coinvolgimento con il trasferimento del business a Malta e con la nuova proprietaria del marchio Bet1128, non specificando però se lo abbiano ceduto in toto ad altri o se continuino ad amministrarlo senza possederlo. L’avvocato Giancarlo Chiariello specifica: “Non mi risulta che Martiradonna Francesco abbia ricoperto un ruolo nell’assetto societario”.

*Con il supporto del centro di giornalismo d’inchiesta Irpi

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