La Casa Bianca comunica l’uscita di scena di Steve Bannon. “Il chief of staff John Kelly e Bannon hanno convenuto di comune accordo che oggi sarebbe stato l’ultimo giorno per Steve. Siamo grati per il suo servizio e gli auguriamo il meglio”, si legge in una nota della portavoce Sarah Huckabee Sanders. La volontà di Donald Trump di rimuovere il suo consigliere strategico era già stata anticipata dal New York Times, citando fonti informate e sottolineando che dopo averne parlato con suoi consiglieri, restavano da decidere soltanto “tempi e modi”. Allo stesso tempo, il Nyt riferiva anche la versione di una persona vicina a Bannon, secondo cui aveva già presentato le proprie dimissioni il 7 agosto. L’annuncio avrebbe dovuto essere dato all’inizio di questa settimana, ma è stato ritardato a causa delle violenze di Charlottesville, in Virginia. In ogni caso, si allunga la lista delle uscite eccellenti dalla Casa Bianca. In quasi sette mesi il presidente americano ha rivoluzionato più volte la sua amministrazione, puntando a circondarsi di fedelissimi.

Secondo la Cnn, Trump era furioso per una recente intervista rilasciata da Bannon a un giornale progressista, The American Prospect. L’ormai ex consigliere strategico aveva contraddetto il suo presidente sulla questione della Corea del Nord, affermando che “non c’è nessuna soluzione militare“. Parole in contrasto anche con il pensiero del gruppo di generali alla Casa Bianca, che nella giravolta di licenziamenti hanno man mano avuto sempre più influenza. “Stiamo preparando piani per una guerra preventiva contro la Corea del Nord“, aveva detto infatti in un’intervista alla MsNbc il generale Herbert Raymond McMaster, capo del Consiglio per la sicurezza nazionale americano. Proprio uno dei quei ruoli chiavi dell’amministrazione da cui Bannon era già stato estromesso.

L’ex consigliere strategico era rimasto sempre più isolato con l’arrivo di John Kelly a capo della staff, il generale a quattro stelle cui Trump ha affidato la guida logistica della sua amministrazione. Kelly ha rafforzato il fronte dei militari alla Casa Bianca, dando sempre maggiore importanza proprio a McMaster, il quale non ha mai nascosto la sua insofferenza per Bannon. Ad accelerare l’uscita di scena potrebbero essere stati proprio gli incidenti di Charlottesville, in Virginia, per i legami tra Bannon e i suprematisti bianchi protagonisti degli scontri. A mettere a rischio lo stratega c’erano poi i sospetti del presidente sul fatto che ci fosses proprio Bannon dietro la fuga di notizie dalla Casa Bianca. Tutti tasselli che hanno portato il più stretto collaboratore di Trump a dover fare le valigie, complici anche le pressioni di Ivanka e Jared Kushner, a cui Bannon non è mai andato giù.

Chi è Steve Bannon – Bannon era inizialmente il collaboratore più ascoltato da Trump. Il presidente lo ha del resto salvato da un triste destino. Prima dell’ultima campagna, nessuno dell’establishment di Washington avrebbe mai pensato di rivolgere la parola a uno come Bannon, accusato di antisemitismo (non voleva che le figlie frequentassero una scuola con ragazze ebree), razzismo anti islamico (il suo sito, Breitbart News, si è inventato che una folla di oltre un migliaio di musulmani ha messo a ferro e fuoco la notte di Capodanno Dortmund), sessismo (ha definito le donne liberal “un branco di lesbiche che escono dai college delle suore”), appoggio ai peggiori movimenti nazisti e suprematisti bianchi. Bannon però è molto meno rozzo di quanto si sia spesso detto. Ha servito nella marina e ha lavorato a Goldman Sachs: esperienze che hanno nutrito la sua visione di un capitalismo radicale, senza regole, imbevuto di suprematismo razziale e militare. Lui stesso aveva sintetizzato il suo programma politico in due punti fondamentali: fare fuori, negli Stati Uniti, “una classe politica corrotta che depreda la working class americana” e far esplodere “la guerra contro il fascismo islamico” da parte dell’Occidente giudaico-cristiano.

Tutti i licenziamenti di Trump – La lista dei “caduti” in sei mesi di presidenza, oltre a Bannon, comprende: Anthony Scaramucci, il cui allontamente è stato chiesto proprio da John KellySally Yates, l’acting attorney general, licenziata perché si opponeva al travel ban; Michael Flynn, l’ex consigliere alla sicurezza nazionale, restato sgradevolmente impigliato nel RussiagateKatie Walsh, la vice chief of staff, dimessasi per le pressioni di Bannon e KushnerMike Dubke, il primo direttore della comunicazione, cui non è riuscito di risollevare le sorti del capo ufficio stampa, in difficoltà, Sean Spicer; lo stesso Sean Spicer, che se ne è andato travolto dai pessimi rapporti con i giornalisti e dalla rabbia di Trump per la pessima stampa; James Comey, l’ex direttore dell’FBI, allontanato per aver portato avanti con troppa autonomia l’indagine sulla RussiaKT McFarland, il vice consigliere alla sicurezza nazionale, mandato in Giapponedopo aver litigato con il suo nuovo capo HR McMasterWalter Shaub, il direttore dell’Office of Government Ethics che se ne è andato dopo aver accusato Trump di “trasformare il Paese in una cleptocrazia”; Michael Short, vice capo ufficio stampa, accusato da Scaramucci di essere la “talpa” che passa informazioni riservate ai giornalisti; Reince Priebus, ex segretario del G.O.P. e messo a fare il capo staff per assicurare un canale diretto con i repubblicani del Congresso, costretto all’addio dopo gli attacchi scomposti di Scaramucci. Persino la usher della Casa Bianca, Angella Reid, la persona che ha in carico il cerimoniere, è stata messa alla porta dopo l’arrivo della nuova famiglia presidenziale.

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