“La nostra proposta per l’Atac non è la privatizzazione, ma una specie di decrescita felice”. E’ una corsa contro il tempo quella che i Radicali Italiani dovranno mettere in campo in questi ultimi giorni per raggiungere il traguardo delle 29.000 firme e ottenere il referendum per la messa a mercato del trasporto pubblico di Roma. Un’iniziativa che ha finito per spaccare anche il Partito Democratico: la direzione romana, infatti, ha lasciato “libertà di scelta” ai propri iscritti, spingendo alcuni esponenti importanti del partito (come Walter Tocci e Roberto Giachetti) a firmare e promuovere il referendum con tanto di simboli del partito, creando polemiche e malumori. Restano alla finestra i grandi gruppi europei del settore, come Ferrovie dello Stato, la francese Ratp, l’anglotedesca Arriva e la britannica Virgin, interessati da tempo a entrare nel mercato trasportistico romano. Attualmente, i 25 banchetti piazzati in altrettanti punti strategici della Capitale hanno permesso la raccolta di 22.000 firme certificate e ne mancano 7.000 da trovare entro il termine del 12 agosto, “ma bisogna prenderne un po’ di più  e con qualche giorno d’anticipo, perché qualcuna potrebbero bocciarcela, dobbiamo arrivare a 30.000”, sottolinea il segretario radicale Riccardo Magi, che spera di mantenere il ritmo di 800-900 firme al giorno. In caso di risultato positivo, il Campidoglio dovrebbe organizzare il referendum per la primavera del 2018: essendo consultivo, non ci sarebbe l’obbligo di legge di rispettare il mandato elettorale, ma evidentemente il segnale politico sarebbe decisivo.

“NON E’ UNA PRIVATIZZAZIONE”
Ma è vero che i Radicali vogliono privatizzare Atac? Oppure vogliono chiuderla? Non pare esattamente così, almeno a sentire la spiegazione data a Ilfattoquotidiano.it da Riccardo Magi. “Noi vogliamo soltanto aprire il mercato ai privati, come accade in tutto il mondo – spiega – Ciò significa che a bando non va messa l’azienda, bensì i chilometri da percorrere. In questo momento l’Atac non ha i mezzi e la forza finanziaria per rispettare il contratto di servizio. Se avesse meno chilometri da fare, ma molti di meno, e potessero esserci nuovi operatori ad aiutare, potrebbe sopravvivere più agevolmente”. Ma forse verrebbe fagocitata? “Non con un serio piano aziendale”. In realtà, il 20% delle linee di superficie nella Capitale è già gestito da un operatore privato, il Consorzio Roma Tpl, un’Ati formata da tante piccole aziende di trasporto che nel 2008 vinse una gara d’appalto con Atac da 800 milioni in 8 anni, con lo 0,6% di ribasso, ottenendo nel 2016 anche un maxi-risarcimento da almeno 77 milioni di euro per contenziosi risalenti al 2005: ad oggi il Roma Tpl, nonostante tutto, è in difficoltà economica e paga i suoi dipendenti con diverse settimane di ritardo. “Ma con la nostra proposta questa situazione non si ripeterà – precisa Magi – Innanzitutto perché è il Comune a mettere a gara il servizio e non Atac, in secondo luogo perché sarebbero i grandi gruppi a interessarsi a lotti importanti, non piccole aziende riunite in Ati”. E i lavoratori in esubero? Che fine farebbero? “Nessuno perderebbe il posto di lavoro: per legge, sarebbero tutti riassorbiti dai nuovi operatori”.

CAOS ALL’INTERNO DEL PD
Come detto, altre forze politiche stanno aiutando i Radicali in questa campagna. E’ il caso di alcuni esponenti di centrodestra e della locale Lista Marchini, ma anche del Partito Democratico. Nella prima riunione della Direzione Dem, il neo-segretario cittadino Andrea Casu ha voluto dedicare l’ordine del giorno a questo tema, salvo poi decidere di lasciare “libertà di scelta”. La “non presa di posizione” ha mandato su tutte le furie alcuni esponenti Dem, come il capogruppo regionale, Massimiliano Valeriani, esponente della corrente zingarettiana e, non a caso, dipendente Atac, o il segretario del Circolo Pd Atac (uno dei più grandi della Capitale), Ruggiero Piccolo, il quale il giorno dopo ha deciso di dare le dimissioni del suo incarico nella sezione aziendale.

CHI SONO I GRUPPI INTERESSATI AL MERCATO
Ma chi potrebbe essere interessato a rilevare i chilometri eventualmente messi a gara? In prima linea c’è Busitalia, la società controllata al 100% da Ferrovie dello Stato. Il gruppo guidato da Renato Mazzoncini – a partecipazione totale del Ministero dell’Economia e Finanze – ha inserito nell’ultimo piano industriale l’obiettivo di salire dal 6% al 25% dei chilometri su gomma percorsi in Italia. Guarda molto al mercato italiano anche la francese Ratp Dev, che è un po’ l’Atac di Parigi, sebbene nell’ultimo decennio – a differenza dell’azienda capitolina – sia diventata una specie di multinazionale: Ratp è già presente a Firenze (con sindaco Matteo Renzi si aggiudicò la gestione della Tramvia) e nell’organigramma del ramo italiano presenta persone che in passato hanno avuto a che fare con . C’e’ poi la società anglo-tedesca Arriva, che cerca spazio nel Belpaese: si dice che il colosso di Sunderland sia interessato a partecipare alla maxi-gara da 111 milioni messa in campo dall’assessorato capitolino per cercare il sostituto della Roma Tpl. In Italia, attraverso la società ‘Arriva Italia’ detiene quote di maggioranza delle società Sab Autoservizi e Bergamo Trasporti (Bergamo), Sia, Saia (TrasportiBrescia, Brescia), Sal e Lecco Trasporti (Lecco), Saf (Udine), Sadem (Torino), Rt (Imperia), Km e Cremona Trasporti (Cremona), Asf Autolinee (Como) e Tt (Trieste).

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