Una scissione all’interno del Partito democratico? “Non minaccio nulla e non garantisco nulla”. Parola di Pier Luigi Bersani, che in questo modo risponde alla Camera a chi gli chiede di una possibile spaccatura tra i dem. Una risposta che ha come effetto quello di gettare benzina sul dibattito interno al Pd. E che arriva al culmine di giorni caratterizzati da tensioni sempre più forti tra le fila del partito. Ieri Massimo D’Alema aveva evocato la scissione minacciando la creazione di una sua lista alle prossime politiche. Lista che già oggi secondo i sondaggi sfonderebbe il muro del 10%.  Si posiziona sulla stessa lunghezza d’onda di D’Alema, il governatore della Puglia Michele Emiliano che dopo aver sfidato Matteo Renzi a distanza adesso lancia la sua campagna per chiedere il congresso, mentre Gianni Cuperlo definisce il Pd un partito “per molti versi già esploso“. Piero Fassino, da parte sua, sottolinea che una possibile scissione tra i dem porterebbe solo al “successo del Movimento 5 Stelle“.

Bersani evoca scissione: “Nulla è scontato” –
Le acque insomma non accennano a calmarsi dalle parti del Nazareno, dove la novità sostanziale è appunto rappresentata dall’enigmatica risposta con tanto di doppia negazione dell’ex segretario sull’ipotesi scissione.  “A Matteo Renzi, – spiega Bersani  – porrò delle questioni politiche e sentirò la risposta”. Che tipo di questioni? “Sul nodo della legge elettorale e sul futuro del Pd, perché, a questo punto, nulla è più scontato. Scissione o battaglia all’interno del partito? Non prometto e non garantisco nulla”, dice l’ex segretario, che poi puntualizza: “C’è un piccolo oggetto che si chiama Italia e io solleverò delle questioni su questo oggetto qui. Poi ascolterò la risposta e mi regolerò”. Insomma il leader della minoranza interna conferma tutte le sue perplessità verso la linea renziana improntata chiaramente sulla corsa al voto, sottolinea l’esigenza di fare prima una buona legge elettorale, ma stavolta non esclude nulla, neanche una possibile rottura. In questo senso continua a insistere sulla necessità di avviare il percorso congressuale. Un passaggio a suo modo storico visto che l’ex segretario sembra per la prima volta volersi tenere aperte tutte le strade. Fino ad ora, invece, i bersaniani avevano sempre garantito di voler fare una battaglia interna al partito, escludendo sempre a priori l’ipotesi di una possibile scissione.

D’Alema: “Scissione? Senza congresso la farebbe Renzi” –
D’altra parte aveva parlato di rottura appena 24 ore fa lo stesso D’Alema, mettendo nel mirino la medesima voglia di urne di Renzi, che non piace neanche a Bersani. “Se si va alle elezioni, si va con la proporzionale semplice. Lo ritengo irresponsabile e ho fatto delle proposte che non sono la scissione. Ho proposto che si discuta seriamente una nuova legge elettorale, che non sia la proporzionale semplice ma aiuti la governabilità. Una legge elettorale che favorisca la governabilità senza gli eccessi dell’Italicum: andrebbe negoziata e questo richiederebbe tempo. A nessuna di queste proposte si è risposto: solo insulti e dichiarazioni demonizzatrici. Che razza di partito è questo?”, si è sfogato l’ex premier a Carta Bianca su Rai3, citando poi gli altri due leader che si sembrano condividere le sue stesse posizioni: “Ha detto bene Emiliano sul congresso. Quando segretario era Bersani, Renzi volle le primarie che non erano neanche previste dallo statuto e si fecero. Ora chiediamo un congresso: è normale”. E proprio replicando al governatore pugliese i leader della maggioranza renziana –  il vicesegretario Lorenzo Guerini su tutti – avevano ricordato che “il congresso viene convocato dall’assemblea nazionale, non dal segretario, e va fatto, secondo l’art. 5 dello statuto del nostro partito, nel dicembre 2017″.

Ipotesi che per D’Alema è impraticabile e porterebbe alla rottura. “Senza un congresso sarà Renzi che farà la scissione, che imporrà una frattura: è normale. Penso che una parte uscirebbe, forse non una maggioranza”, ha spiegato l’ex presidente del Consiglio sottolineando che “ci sono per esempio tra i tre e i cinque milioni di elettori della sinistra che non votano più per il Pd, quelli si sono già scissi. Già l’obiettivo di recuperarli avrebbe un non irrilevante valore”.  Per D’Alema, tra l’altro,  “se nella sinistra si formerà un nuovo partito sicuramente supererà il 10 % dei voti. Lo dico perché ho fatto fare delle ricerche“. E infatti poche ore dopo ecco che i sondaggi confermano la previsione dell’ex leader dei Ds: per Ipr un partito nato dalla scissione di D’Alema prenderebbe l’11%,  per Tecné. arriverebbe addirittura al 14%.

Sinistra dem: “Scissione? Porterebbe a successo M5s” –
L’ipotesi scissione, però, viene bocciata dagli esponenti della sinistra Pd: non solo dagli alleati della corrente renziana, ma anche da quelli più laici. “Chi conosce minimamente la storia della sinistra sa che le scissioni non hanno mai portato lontano. Ce n’è stata solo una che ha funzionato ma che portava a una grande Rivoluzione internazionale. Ma non mi pare che in questo momento ci siano prese del palazzo d’Inverno”, ha detto il guardasigilli Andrea Orlando. Simile il commento di Orfini, secondo il quale “la storia della sinistra è piena di scissioni che non hanno portato quasi mai bene agli scissionisti”. Contro una divisione anche Piero Fassino, che sottolinea come “qualsiasi scissione del Pd” voglia dire “consegnare il Paese ad altri ed aprire un’autostrada ad un eventuale successo del M5S“. Più neutro il commento di Gianni Cuperlo che bolla come “riflesso fuori tempo di un errore antico” la proposta di spaccatura, ma sottolinea che il Pd “per molti versi è già esploso” perché “è pazzesca la scelta di chi avendo tutto il potere nelle mani non ha fatto quasi nulla per provare a unire il suo campo e il suo partito”.

Intanto al Nazareno cominciano ad arrivare istanze da parte del territori per varare un percorso congressuale prima della naturale scadenza del mandato del segretario, come chiesto da D’Alema e Bersani.  “Una petizione per chiedere il Congresso straordinario. Non si può andare alle elezioni senza averlo fatto”, ha scritto ieri su facebook Enrico Rossi, presidente della regione Toscana. Ventiquattro ore dopo è stato il turno di Emiliano, che sempre dai social network ha lanciato il suo portale per raccogliere le firme e chiedere a Renzi di varare il congresso. In attesa di capire quando e con che legge il Paese sarà nuovamente chiamato alle urne, la campagna interna ai dem è già cominciata.

 

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