Il Movimento Cinque Stelle è pronto a governare l’Italia? E, cosa non meno importante, vuole davvero farlo? Sono due domande rimaste sullo sfondo di una campagna referendaria che – in teoria – riguardava tutt’altro. Ma a cui bisogna comunque offrire una risposta, visto che in Italia almeno un quarto dei votanti sembra auspicare un esecutivo a Cinque Stelle mentre tanti altri – in Italia e all’estero – considerano questo esito l’inizio dell’apocalisse, il trionfo del populismo ecc. ecc.

Purtroppo i leader dei Cinque Stelle non sembrano offrire elementi chiari per formarsi un’opinione netta. Sulla loro onestà, a grandi linee, non ci sono dubbi: i Cinque Stelle non rubano, sono disposti a rinunciare al grosso del loro stipendio, non si prestano quasi mai a giochi di palazzo. Ma queste, per quanto importanti, sono condizioni pre-politiche. Accettiamo che siano persone perbene. Ma quali sono le loro idee sui temi decisivi?

L’ambiguità sull’euro e sull’Unione europea, per esempio, non è più accettabile. Prendiamo Alessandro Di Battista, uno dei deputati più attivi e che ha dato un contributo importante alla vittoria del No al referendum di domenica. Die Welt in Germania ha appena pubblicato una sua intervista, tradotta in Italia da Repubblica.

Euro e Europa non sono la stessa cosa. Noi vogliamo solo che siano gli italiani a decidere sulla moneta”, dice Di Battista. Questa è la formula un po’ ipocrita che i Cinque Stelle usano da anni. Un referendum sull’euro è praticamente impossibile perché la Costituzione vieta consultazioni dirette sui trattati internazionali. Ma anche ammesso che si riesca a indire (l’iter è piuttosto farraginoso ma sulla carta esiste), quale sarebbe la posizione del Movimento? Farebbe campagna per il Sì o per il No? Siamo reduci da un referendum nel quale M5s non si è speso soltanto per il voto diretto del “popolo” sulla Costituzione ma ha fatto una attiva campagna e, alla fine, è considerato unanimemente tra i vincitori.

Se ci fosse un referendum sull’euro, Di Battista e i Cinque Stelle farebbero campagna per rimanere o per uscire? Dalla risposta a questa semplice domanda dipende una buona fetta del consenso al Movimento che finora ha prosperato in quella zona grigia al confine tra forza di opposizione e forza anti-sistema. Dubito che tanti elettori sarebbero pronti ad affrontare l’incertezza di una rottura della moneta unica. Anche perché le conseguenze sembrano ignote agli stessi leader M5s.

“Ha calcolato le conseguenze dell’eventuale uscita dall’euro?”, chiede la giornalista tedesca Costanze Reuscher. Risponde Di Battista: “Conosco bene quali sono le conseguenze dell’introduzione dell’euro, la perdita di potere d’acquisto, il calo delle retribuzioni, la riduzione della capacità di concorrenza delle imprese, il degrado sociale, la disoccupazione”. Che è un modo per eludere la domanda e per fare una sintesi quantomeno grezza della storia europea degli ultimi vent’anni.

E poi ancora: “Se l’Europa non vuole implodere deve accettare che non si può andare avanti così. Nel 2017 ci saranno elezioni importanti. In Francia probabilmente vinceranno i gollisti o Le Pen. In Germania la cancelliera ce la farà anche stavolta, ma i movimenti alternativi, chiamiamoli così, avanzano”. Considerazioni ovvie.

Di Battista non ha voluto rispondere.

Io credo che Alessandro Di Battista, ma anche Luigi Di Maio e lo stesso Beppe Grillo dovrebbero rispondere a due semplici domande che richiedono un Sì o un No, senza sfumature, come nel referendum di domenica:

1- E’ parte del programma elettorale del Movimento Cinque Stelle indire una consultazione popolare sulla permanenza dell’Italia nell’euro?
2 – Ammesso che quella consultazione si tenga, il M5s farà campagna contro la permanenza dell’Italia nella moneta unica?

Se i Cinque Stelle vogliono dimostrare di essere diversi da Renzi, possono cominciare evitando di sottrarsi alle domande dirette. Altrimenti, se continueranno a schivarle, dimostreranno di essere sempre più simili a quei politici che volevano sostituire.

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