“Considero le Olimpiadi una grande opportunità ed è impressionante il fatto che non si possano fare per il pericolo che qualcuno rubi. Se noi politici non proviamo a cambiare le cose non andremo da nessuna parte. I grillini avrebbero avuto otto anni per sistemare Roma… E’ come se avessero detto ‘non riusciamo a cambiare le cose‘, perché se avessero voluto davvero cambiare avrebbero potuto dire che la gestione si poteva fare in un altro modo”. Così il premier Matteo Renzi, ospite a Otto e mezzo su La7 insieme al direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, ha commentato il no definitivo della sindaca Virgina Raggi ai Giochi. Travaglio ha replicato elencando le spese sostenute dalle altre città ospitanti in passato e facendo notare che “le Olimpiadi sono una tranvata pazzesca anche senza corruzione, è una macchina che non può funzionare in attivo, come tutti i grandi eventi, come l’Expo”.

Dopo aver sgombrato il campo dall’ipotesi che il governo possa bypassare il Campidoglio e presentare la candidatura della Capitale in modo autonomo (“Nessuno intende fare le Olimpiadi contro l’amministrazione comunale”) Renzi ha poi sostenuto che “da Expo abbiamo cacciato i ladri ed è stato grande successo”, senza però ricordare che l’esposizione ha chiuso in perdita, che a scoperchiare le irregolarità nell’assegnazione dei lavori è stata l’Anac e non il governo e che gli esponenti della cupola bipartisan che si è spartita gli appalti hanno patteggiato evitando così il carcere.

“Il no della Raggi non mi sorprende ma mi amareggia“, ha continuato il premier”. Se dice no alle Olimpiadi, prendiamo atto. Non ho mai fatto polemica con il sindaco di Roma, lei ha vinto le elezioni. Io faccio il tifo per l’Italia. Se Roma va bene son contento, se va male mi spiace”. “Rispetto e in bocca al lupo”, dunque, anche se “in campagna elettorale se non sbaglio Virginia Raggi si era impegnata a fare un referendum, ma la titolarità della decisione è sua, del sindaco e del consiglio comunale”.

Referendum, “chi vota No vota Casta”. Travaglio: “Con il sì passiamo al bicameralismo cazzaro” – Parlando del referendum costituzionale Renzi ha riassunto la sua posizione con gli usuali slogan: “Noi stiamo togliendo il giochino dei rimborsi ai partiti, dal Pd ai Cinque stelle. Chi vota toglie questo meccanismo, chi vota No vota la Casta. Se passa il Sì le mutande verdi non se le comprano perché togliamo i rimborsi, se vince il No restano i rimborsi”. Poi ha tornato a sostenere che “la riforma costituzionale porta 500 milioni di euro di risparmi“, anche se stando alle stime della Ragioneria dello Stato le mancate uscite si fermeranno a 57 milioni. “Se vince il Sì si passa dal bicameralismo perfetto al bicameralismo cazzaro“, ha replicato Travaglio.

“Nell’articolo 70 della Costituzione non si capisce niente, Zagrebelsky ha detto che smette di insegnare se passa perché non si capisce. Chi scrive una roba così a scuola viene bocciato col due. Ero renziano quando gli sentivo dire ‘dimezzeremo i deputati e senatori e poi pure le indennità‘. Quello sarebbe stato un bel risparmio. Sono preoccupato perché adesso il Pd si sta rendendo conto che l’Italicum è una vaccata, non vorrei che dopo che vince il Sì si rendano conto che è una vaccata come l’Italicum. Ci teniamo una roba scritta coi piedi. Va scritta in italiano, è ostrogoto“. Per Renzi invece “l’articolo 70 è scritto nel dettaglio per evitare che si faccia ricorso continuo alla Corte costituzionale. Mi stupisce che si pongano elementi formali rispetto a un tema sostanziale. Oggi Camera e Senato sono due grandi assemblee di condominio“.

Il pil? “Preferirei andasse più forte – Per quanto riguarda l’andamento dell’economia, con il pil che nel secondo trimestre del 2016 è rimasto al palo, “preferirei che andasse più forte”, ha detto il premier, ma comunque “nel 2017 il pil sarà meglio che nel 2016, che non significa che va bene“. E le tasse? “Continueranno ad andare giù”. “Padoan ha detto due anni fa che l’intervento sull’Irpef sarebbe stato nel 2018″ indicando un percorso a tappe di sgravi fiscali che “per il momento è fantastico“, ha proseguito Renzi, aggiungendo che “se c’è una cosa buona che credo condividano tutti, è che non abbiamo mai fatto scattare le clausole di salvaguardia. L’ultima volta che è scattata la clausola dell’Iva ed è aumentata la tassazione era il 2013 e non eravamo al governo”. “A giudicare dalla crescita zero direi di no”, è stata la replica di Travaglio.

“Sul lavoro facciamo il fact checking sul sito del Fatto”. Che l’ha già fatto – 

Nel botta e risposta sul mercato del lavoro Renzi ha continuato a ripetere che durante il suo governo sono stati “creati 585mila posti di lavoro“. Alle puntualizzazioni di Travaglio, che ha fatto notare come il saldo positivo dei nuovi contratti stabili sia stato, nei primi sette mesi del 2016, inferiore non solo a quello dello stesso periodo del 2015 (quanto era in vigore lo sgravio contributivo del 100% per i nuovi assunti) ma anche ai primi sette mesi del 2014, ha proposto “un fact checking sul sito del Fatto quotidiano“. Cosa che ilfattoquotidiano.it ha fatto l’1 settembre, dopo la presentazione delle 30 slide che rivendicavano i risultati dei primi due anni e mezzo di governo.

Flessibilità? “Credo ci sia il consenso”. Ma Juncker ha chiarito che l’abbiamo già avuta – Poi il balletto della flessibilità chiesta ancora una volta alla Ue. Renzi ha smentito che “noi stiamo chiedendo più flessibilità”, precisando che “stiamo chiedendo all’Europa di cambiare la politica economica. I governi di prima hanno firmato il fiscal compact, la flessibilità è la possibilità di cambiare tutto questo”. Subito dopo però il premier ha detto di aver “illustrato a Juncker venerdì mattina” l’intenzione di considerare “fuori dal patto le spese per immigrazione e rischio sismico” e di “credere che ci sia il consenso europeo”. Questo nonostante il presidente della Commissione Ue proprio giovedì mattina abbia sottolineato che l’Italia per quest’anno ha già avuto margini di manovra per 19 miliardi. “Il prossimo anno rispetteremo le regole europee, anche quelle che non condivido e che non ho votato io ma una maggioranza che andava da Berlusconi a Bersani, con responsabili economici Brunetta e Fassina. Sono regole capestro per l’Italia, le rispettiamo”, ha concluso Renzi.

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