Il referendum costituzionale che si terrà in Italia in autunno “è un grosso rischio” e l’opzione migliore per assicurare la stabilità dell’Unione europea sarebbe quella di “cancellarlo“. Parola dell’economista e premio Nobel Joseph Stiglitz, che dopo aver auspicato la nascita di un “euro a due velocità – uno per il Nord Europa e uno per i Paesi più deboli del Sud – ora si spinge a chiedere una (impossibile) marcia indietro sulla consultazione popolare indetta la scorsa primavera. Intervistato da Business Insider, Stiglitz (fresco autore di L’euro e la sua minaccia al futuro dell’Europa) sostiene che il Vecchio continente sta andando verso un “evento catastrofico” che potrebbe condurre al collasso della moneta unica e del progetto europeo come lo conosciamo.

A innescare la crisi finale sarà un evento politico “disastroso” simile alla decisione del Regno Unito di lasciare la Ue, ragiona il Nobel per l’Economia. “Quello che accadrà è che ci sarà un consenso definitivo sul fatto che l’Europa non sta funzionando. La diagnosi sarà che si si libera dell’euro e si tiene il resto, oppure che l’Europa non funziona e in quel caso il rifiuto aumenterà – come in Gran Bretagna”.

Alla domanda se i problemi politici ed economici dell’Italia possano scatenare questo “evento catastrofico”, Stiglitz risponde che “è un grosso rischio” e “molti ora cercano di convincere Renzi ad abbandonare l’impegno di dare le dimissioni se il referendum fallisce“, cosa che peraltro il premier ha fatto proprio domenica. Ma, visto che il referendum “non è solo sulle riforme costituzionali, ma anche su Renzi”, “c’è anche una ragione per convincerlo ad evitare di tenere il referendum e dire che la Brexit ha cambiato tutto il dibattito sul futuro della democrazia in Europa e occorre ripensare quei termini”. E ancora: “La mia sensazione è che chiunque sia preoccupato di evitare un esito disastroso dovrebbe rinunciare“.

Tuttavia, sottolinea Cnbc, “sembra improbabile che il referendum non vada avanti, visto che mancano un paio di mesi alla consultazione”. Peraltro lo scorso 6 maggio la Cassazione ha ammesso le richieste di referendum firmate da 166 deputati e l’8 agosto ha validato anche la (non indispensabile) raccolta di firme dei comitati per il sì. Di conseguenza la chiamata alle urne non è più in discussione.

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