Lo stesso gene coinvolto nell’insorgenza del cancro al seno che ha spinto l’attrice Angelina Jolie a sottoporsi a una doppia mastectomia, per cancellare il rischio alla radice, ha un ruolo anche in un’altra forma tumorale, la più diagnosticata tra gli uomini: il cancro alla prostata. A scoprirlo un team di ricercatori dell’Institute of cancer research (Icr) di Londra. Il team inglese, in uno studio pubblicato su “The New England Journal of Medicine”, ha dimostrato che il 5% degli uomini con cancro avanzato alla prostata ha mutazioni congenite al gene “Brca2 (Breast cancer type 2 susceptibility protein)”.

Gli scienziati inglesi hanno utilizzato un semplice test alla saliva per analizzare il Dna di 692 pazienti colpiti da tumore alla prostata. “Il nostro studio – chiarisce Johann De Bono, a capo del team londinese – prova che una significativa proporzione di uomini con cancro alla prostata in stadio avanzato, il 12%, eredita mutazioni a carico di un gruppo di circa 20 geni coinvolti nella riparazione del Dna”. Si tratta di un gruppo di geni che, come una sorta di cassetta degli attrezzi, protegge il codice della vita da errori e danni provocati da possibili agenti mutageni, esterni o interni. Un sistema di correzione di bozze, senza il quale il nostro materiale genetico piomberebbe in una sorta di caos chimico, incompatibile con la vita. A testimonianza dell’importante ruolo svolto nelle cellule da questo kit di difesa molecolare, gli scienziati che hanno contribuito a decifrarne il funzionamento sono stati premiati nel 2015 con il Nobel per la chimica.

Il cancro alla prostata, dopo il carcinoma al colon-retto e il cancro al seno, è il tumore più diffuso in Italia, dove colpisce circa 42mila persone l’anno. Lo afferma l’ultimo report “I numeri del cancro in Italia”, relativo al 2014 e redatto dall’Associazione italiana registri tumori (Airtum) e dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom). Secondo l’indagine, nel nostro Paese ogni giorno si scoprono circa 1000 nuovi casi di cancro, e nel 2014 sono state 366mila le nuove diagnosi di tumore (esclusi i carcinomi della cute), circa il 46% delle quali fra le donne.

In Italia, stimano gli esperti di oncologia, nel corso della vita circa un uomo su due e una donna su tre si ammalerà di tumore. La frequenza di morti causate dai tumori è in media, ogni anno, di circa 4 ogni 1000 residenti uomini e circa 3 ogni 1000 donne. In base allo studio londinese, le due forme di cancro più diagnosticate nella donna e nell’uomo in Italia, rispettivamente il tumore al seno e alla prostata, avrebbero un tratto in comune proprio nel “gene meccanico” Brca2, che ha un importante ruolo nella riparazione degli errori e delle rotture nella doppia elica del Dna.

Ma che cosa può rappresentare questa scoperta dal punto di vista clinico? “La nostra ricerca – aggiunge De Bono – potrebbe avere importanti ricadute sui pazienti. Potrebbe, infatti, favorire l’utilizzo di nuovi farmaci mirati contro il cancro alla prostata”. Un esempio della cosiddetta medicina personalizzata, cucita su misura sul paziente in base alle informazioni scritte nel proprio Dna. “Nel cancro alla prostata esiste un’enorme diversità da paziente a paziente – spiega Paul Workman, del board esecutivo dell’Icr -. Alcuni uomini vivono per decenni con tumori localizzati, in altri casi invece il cancro si sviluppa e si diffonde rapidamente nel corpo. Per questo – conclude lo studioso – sono disperatamente necessari marker genetici che possano permettere d’individuare pazienti ad alto rischio, e migliorare le loro chance di sopravvivenza”.

Lo studio su The New England Journal of Medicine

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