Un avviso di garanzia a Virginia Raggi sarebbe un “atto dovuto“. A dirlo è l’ex assessore alla Legalità del Comune di Roma, il magistrato Alfonso Sabella, designato capo di gabinetto da Roberto Giachetti in caso di vittoria. “Per colpa o per dolo siamo davanti all’ipotesi di reato continuato di falso ideologico in atto pubblico” dice Sabella intervistato dall’Huffington Post. Al centro di tutto ci sono gli incarichi che la Raggi ha ottenuto da una Asl di Roma che la candidata M5s alla guida del Campidoglio non ha dichiarato nei moduli di autocertificazione che ogni consigliere eletto deve compilare nella parte che parla di incompatibilità. “Fui io a controllare le autocertificazioni – spiega Sabella – e la Raggi dichiara l’incarico dopo che iniziano i controlli, non prima. Quello che mi colpisce è che la Raggi dichiara il suo incarico del 2012 solo nel 2015, cioè dopo che scoppia Mafia Capitale e dopo che, arrivato in Campidoglio, tra le prime cose che faccio c’è quella di controllare le autocertificazioni“.

Sabella spiega che “la legge e il modulo predisposto dal Comune prevedono che devi dichiarare i compensi percepiti e gli incarichi ricevuti dalle pubbliche amministrazioni“. “I cittadini non vogliono sapere quali incarichi hai, non quanto guadagni. La Raggi non dichiara l’incarico del 2012 né nel 2013, quando diventa consigliere comunale, né nel 2014. Ma solo nel 2015, dopo che è scoppiata Mafia Capitale e dopo che io iniziai a verificare le autocertificazioni”.

Per Sabella ciò che dichiara il legale della Raggi, ovvero che lei aveva comunicato tutto al Comune, “non è vero: nelle autocertificazioni non c’è”. “Potrebbe essere una svista – dice Sabella – Se colpa o dolo lo accerterà il giudice. A questo punto l’avviso di garanzia alla Raggi è un atto dovuto. Anche se resta eleggibile: non trattandosi di reato contro la pubblica amministrazione e non essendo realisticamente ipotizzabile una pena superiore a due o tre anni di reclusione un’eventuale condanna non comporta ineleggibilità o incandidabilità. Questo dal punto di vista giudiziario. Dal punto di vista politico non vedo la differenza con Ignazio Marino. Anche per lui era un’indagine per quattro scontrini. Mi colpisce che un avvocato che si candida a sindaco commetta questo tipo di errori. E’ una vicenda politicamente molto rilevante”.

Ma il legale della Raggi, Paolo Morricone, rilancia: “Virginia Raggi, in ossequio alle disposizioni normative in tema di trasparenza ha provveduto correttamente a comunicare la percezione dei compensi da parte della Asl nella prima dichiarazione successiva alla percezione stessa. Nella dichiarazione del 2014 non è indicata alcuna percezione in quanto alla data di sottoscrizione della stessa dichiarazione non era stato percepito ancora alcun compenso. Ai fini di chiarezza si rappresenta altresì che la norma in questione non è la legge Severino, come erroneamente sostenuto da alcuni esponenti del Pd, ma il decreto trasparenza, che non prevede alcuna ipotesi di ineleggibilità“. Sempre secondo l’avvocato, tuttavia, “si rappresenta che lo stesso decreto testualmente esclude forme di responsabilità penale a tal riguardo, prevedendo al massimo una sanzione amministrativa qualora la dichiarazione dovesse risultare manchevole”.

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