Ora che il percorso politico e governativo di Dilma Rousseff sembra estinguersi come una candela, si sprecano le teorie cospiratorie sul golpe liberista e il futuro prossimo del Paese.
Fomentate anche dai media esteri, i cui pezzi si basano sulle rivelazioni della grande stampa locale, che fiuta l’aumento della tiratura.  Si fa finta di non accorgersi, che il re era nudo già da tempo. La corruzione, che accomuna l’intera classe politica brasiliana, continua imperterrita.

Scandali par condicio

Dilma è sospesa dagli incarichi governativi dal 12 maggio 2016, dopo un acceso dibattito in Senato; approvata in via definitiva la procedura d’impeachment richiesta dalla Corte Suprema brasiliana e caldeggiata dal portavoce della camera Eduardo Cunha. Lo scandalo, conseguenza delle bustarelle Petrobras (il colosso petrolifero di Stato) a parlamentari di spicco, ha colpito la Rousseff, accusata di aver avallato questa procedura, ma non è tutto; l’ex presidente è implicata nella pedalada fiscais, i prestiti dal Banco do Brasil al Tesoro, per coprire i disavanzi di spesa pubblica, appartenenti al mandato presidenziale scorso. Tale procedura è vietata da Lei de Responsabilidade Fiscal.

La legge in questione, si scontra però con un’altra, che prescrive tali accuse entro i limiti del mandato precedente. Dilma non può essere denunciata ora, ma solo investigata al termine dei 4 anni di governo. La sospensione è cautelativa, non definitiva. Alla luce della legge italiana, con il falso in bilancio depenalizzato dal decreto Berlusconi, tale scelta potrebbe apparire manovrata. Però questo è il Brasile, la sensibilità popolare cambia.

Gli ultimi fatti: Folha de São Paulo riporta intercettazioni avvenute tra Romero Jucá, leader del Pmdb, (il movimento democratico ex alleato di governo) e Sergio Machado, executive della Transpetro, consociata Petrobras che si occupa del trasporto combustibile sul territorio. Tali colloqui, risalenti a marzo, sono incentrati sulla convinzione che la sospensione di Dilma potrebbe favorire, con il Pmdb al potere, l’insabbiamento delle accuse a carico dei due personaggi, che oggi sono sotto indagine per lo stesso motivo che ha travolto la presidente in castigo e perfino il senatore Eduardo Cuhna, anche lui membro del movimento.

L’inchiesta Lava Jato (autolavaggio) non risparmia nessuno; anche Lula è stato infangato, per una storia che abbiamo già raccontato. Quello che appare paradossale, il sostituto della Rousseff, presidente pro tempore Michel Temer, massimo esponente Pmdb prima della sua investitura, è profondamente coinvolto in un altro scandalo; ritiratosi dalla carica di procuratore dello stato Sao Paulo nel 1996, ha continuato a ricevere lo stipendio come tale, accumulando da allora in maniera illecita oltre due milioni di real.

Alla luce dei fatti, se vogliamo parlare di golpe, appare più cosa tra gli ex alleati di governo, con il bacio di Giuda Pmdb a Pt, partito di Dilma. Non è un caso, a mio avviso, che tali rivelazioni siano pubblicate dal foglio di Sao Paulo, di cui Aécio Neves è editorialista, oltre a essere il leader Psdb (i socialdemocratici che già sfiorarono la vittoria alle presidenziali del 2014) e che ora sembra il maggiore accreditato alla barra del timone. Aécio è furbo e paziente, siede sulla sponda del fiume, i cadaveri dei suoi nemici stanno sfilando uno a uno; ma da questo a dire che il suo partito sia pulito, ce ne corre.

Dilma l’Energetica

Chi è causa del suo mal pianga se stesso; la politica energetica perseguita dalla Rousseff ha gravato sui costi, e favorito lo scempio ambientale, lasciando a multinazionali quali la Vale campo libero per opere senza freni. La tragedia della diga sul Rio Doce, la cui rottura ha esondato un’intera regione dello stato di Minas Gerais, inquinando il fiume con i fanghi tossici, e privando di acqua potabile oltre 250.000 indigeni, è per ora la catastrofe maggiore della storia brasiliana.

Primato che rischia di essere superato da un’altra mina potenziale, la diga Belo Monte sul fiume Xingu nel cuore amazzonico; è la terza al mondo, in grado di rifornire l’11% del fabbisogno idroelettrico del Paese; una minaccia per la biodiversità, e per 40.000 famiglie indios sgombrate con la forza, dietro ridicole compensazioni. Oas, organo degli stati americani, ha già richiamato il governo, ma la Rousseff non ha voluto saperne, e ha ordinato lo scorso anno la ripresa dei lavori, sospesi da Lula dopo il parere contrario della commissione ambientale. Il programma Luz para Todos che Dilma varò quando era ministro dell’Energia fine 2003, associato a Fome Zero, mirava a elettrificare 12 milioni di persone; nella propaganda, avrebbe dovuto essere finanziato dal governo federale.  Furono invece applicati continui aumenti sulle bollette, oggi tra le più care del Sudamerica.

Conclusioni
Parlare oggi di golpe liberista, è un’ipocrisia. Il Brasile è sotto la spada di Damocle dei grandi gruppi industriali da sempre; sanità e istruzione sono privatizzate dalle finanziarie da quasi dieci anni, senza un piano tariffario non si accede a cure decenti, gli ospedali pubblici sono intasati e carenti. La svolta conservatrice che sta avvenendo nel governo, dove i programmi sociali sono già stati tagliati, e i cui rappresentanti sono tutti uomini in maggioranza bianchi, non fa altro che sancire il razzismo istituzionalizzato, culturalmente radicato nel Paese; lo testimoniano i continui eccidi di neri, in larga parte minorenni, che la PM (polícia militar) compie impunita all’interno delle favelas. Marina Silva, leader socialista, vorrebbe di nuovo una chance in caso di nuove elezioni. Però è donna, scura di carnagione e ambientalista. Very politically incorrect.

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