Otto mesi di carcere per voto di scambio. È la condanna emessa dal gup di Trapani Lucia Fontana nei confronti di Antonino Papania, l’ex senatore del Pd cancellato dalle liste per le politiche del 2013 dal collegio dei garanti dem perché ritenuto “impresentabile. L’esponente del partito di Matteo Renzi è stato processato con il rito abbreviato: per lui il pm Franco Belvisi aveva chiesto una condanna a due anni e quattro mesi. Il gup Fontana, però, ha assolto Papania dall’accusa di associazione a delinquere, riconoscendolo colpevole solo di voto di scambio in concorso con altre quattro persone, condannate a pene comprese tra i sei e gli otto mesi: per tutti è scattata la sospensione del diritto elettorale e dai pubblici uffici. “Ricorrerò in appello”, annuncia l’ex senatore del Pd, al quale sono stati contestati fatti che risalgono alle elezioni amministrative del maggio 2012 ad Alcamo, suo storico feudo elettorale. Era lo stesso periodo in cui la procura di Trapani cercava di fare luce su un atto intimidatorio subito dallo stesso Papania: una bomba carta era stata piazzata all’entrata della sua segretario politica.

Ed è indagando sugli autori di quell’intimidazione che – come raccontato da ilfattoquotidiano.it – gli inquirenti documentano i retroscena della campagna elettorale 2012. Per la prima volta in vent’anni, infatti, il centro sinistra rischiava di perdere una delle sue storiche roccaforti in Sicilia: ecco quindi che, secondo l’atto d’accusa della procura guidata da Marcello Viola, Papania e gli altri si erano messi all’opera. “Questo – ha detto il pm Belvisi durante la sua requisitoria – è un sodalizio che ha attentato all’ordine pubblico in una delle manifestazioni più importanti della democrazia: il mandato elettorale”. In che modo? “Promettendo alimenti destinati agli indigenti attraverso il banco delle opere di carità, al fine di ottenere il voto elettorale a vantaggio del candidato sindaco Sebastiano Bonventre e delle 5 liste allo stesso collegate”. Tradotto: preferenze in cambio di pacchi di pasta, piccole somme di denaro, persino promesse di posti di lavoro.

Nel dettaglio l’ex senatore è accusato di aver agevolato l’accreditamento di alcune cooperative che concedevano derrate alimentari in cambio di voti: a beneficiarne sarebbe stato il consigliere Antonio Nicolosi (rinviato a giudizio con il rito ordinario), mentre davanti al giudice Franco Messina è ancora in corso un altro procedimento che punta i riflettori, invece, sul turno di ballottaggio delle stesse elezioni comunali. “Se non vince Bonventre siamo morti”, è il testo di un sms inviato dallo stesso Papania – che all’epoca dei fatti non era intercettabile in quanto parlamentare – ai suoi fedelissimi. Che mettono nel mirino, almeno a parole, Niclo Solina, candidato sindaco della lista civica Abc, lo sfidante del candidato sponsorizzato da Papania. “Si spaventa per quel nuddu (nessuno, persona senza valore, ndr) Nino Papania: ma io ci vado a sparare, lo sappiamo quello che dobbiamo fare, fuoco gli dobbiamo dare”.

Parole che per fortuna non hanno avuto alcuna conseguenza, mentre alla vigilia del voto l’ex senatore dem avrebbe fatto notare ai suoi: “Siamo sotto di trenta – quaranta voti”. Ironia della sorte, il candidato di Papania vincerà al ballottaggio per appena 39 preferenze. Una vittoria adesso macchiata dalla sentenza del gup di Trapani, che ha anche riconosciuto un risarcimento simbolico pari a cento euro per le parti lese: si tratta di un centinaio di cittadini di Alcamo che si sono costituiti parte civile, perché si considerano danneggiati dall’esito delle elezioni. Il giudice in pratica gli ha dato ragione.

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