La Banca Popolare di Vicenza dell’era Zonin non solo prestava soldi ai propri clienti chiedendo che, in cambio, acquistassero azioni dell’istituto. Ma li finanziava pure per far sì che sottoscrivessero gli aumenti di capitale per centinaia di milioni dello stesso istituto. A confermarlo è stato Silvano Ravazzolo, imprenditore vicentino dell’abbigliamento che insieme al fratello Giancarlo si è ritrovato primo socio, con l’1,5% del capitale e che ne ha parlato in un’intervista pubblicata dal Corriere della Sera mercoledì 16 marzo. Nello stesso giorno in cui La Stampa ha reso nota una lettera di un gruppo di iscritti alla Confindustria locale che chiede un un passo indietro degli esponenti dell’associazione che hanno cariche nella banca, mettendo in guardia dalle possibili conseguenze che potrebbero derivare da un loro eventuale rinvio a giudizio per reati legati alla gestione dell’istituto. Compresa appunto la pratica di concedere mutui e prestiti a fronte dell’acquisto di azioni.

“Persi 80 milioni. Ma non erano nostri: ce li ha prestati la banca” – “Gli aumenti? Anche quelli li abbiamo sottoscritti con i soldi della banca. Così da piccoli siamo diventati grandi soci”, racconta Ravazzolo al Corsera, dopo aver spiegato che in un primo tempo era stato finanziato dall’istituto per acquistare direttamente le azioni. Peccato che quella quota, che un anno fa era valutata oltre 93 milioni, ora ne valga una decina. I Ravazzolo, primi soci della Popolare di Vicenza davanti a Cattolica assicurazioni, hanno dunque perso 80 milioni. “Ma non nostri”, precisa l’imprenditore. Infatti si trattava di soldi della banca, appunto. Dati in prestito perché tornassero indietro sotto forma di capitale: un giochetto finito al centro dell’inchiesta della Procura di Vicenza, che ha iscritto nel registro degli indagati l’ex presidente Gianni Zonin e altri cinque manager con l’ipotesi di reato di aggiotaggio e all’ostacolo agli organi di vigilanza e ora indaga anche per associazione a delinquere e falso in bilancio. “Siamo stati usati. Fessi noi che ci abbiamo creduto”, lamenta Ravazzolo che al momento non è intenzionato a restituire i prestiti alla banca.

Industriali di Vicenza contro il futuro presidente della Confindustria locale, che è nel cda di una controllata della banca – Animi bellicosi anche alla Confindustria come emerge dalla lettera inviata al numero uno uscente di Confindustria Giorgio Squinzi da Flavio Gaianigo della Coprim, Alberto Zamperla e Francesco Bernardi, che con il fratello Carlo controlla l’azienda orafa Chrysos. Chi, come il presidente di Confindustria Vicenza Giuseppe Zigliotto, il vice Alberto Luca e il tesoriere Luciano Vescovi, designato lunedì a larga maggioranza per succedere a Zigliotto, ricopre o ha ricoperto “fino a pochi mesi fa” incarichi in banca, dovrebbe secondo loro “fare un passo indietro rassegnando le dimissioni dagli incarichi confindustriali”, perché “la nostra associazione non può ritenersi estranea a quanto sta accadendo”. E la situazione, è la preoccupazione degli industriali, “rischia di demolire” la credibilità dell’associazione ponendola “in una situazione spiacevole e immeritata”. Soprattutto, appunto, se dovessero scattare i rinvii a giudizio. Vescovi è ancora oggi consigliere di Banca Nuova, controllata dalla Popolare.

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