A gennaio verranno inviati in Iraq 450/500 soldati italiani per proteggere la diga di Mosul, in zona di guerra, a pochi chilometri dalla roccaforte irachena dell’Isis. L’annuncio a effetto di Matteo Renzi, ieri sera alla trasmissione televisiva di Bruno Vespa, Porta a Porta, ha colto di sorpresa la stessa Difesa – come confermano fonti dello Stato Maggiore contattate dal IlFattoQuotidiano.it. La decisione doveva essere resa pubblica più avanti, una volta definiti i dettagli operativi, ma l’uscita del premier ha l’aspetto un’utile diversivo nel pieno della tempesta bancaria.

Il ministro della Difesa Roberta Pinotti, colta in contropiede, prova a metterci una pezza, assicurando che i soldati “non andranno a combattere” ma solo “a proteggere il lavoro dell’impresa italiana che compirà il lavori sulla diga”. Insomma, Mosul come la Tav in Val di Susa: militari a protezione di un cantiere, nulla di più. Ma come faranno i soldati italiani a respingere la crescente offensiva dell’Isis contro questo strategico obiettivo senza combattere?

Le forze del Califfato, acquartierate poco a sud della diga, non hanno mai allentato la pressione militare sulle milizie Peshmerga curde che nell’agosto 2014 hanno riconquistato ‘impianto caduto in mano all’Isis e che da allora la presidiano in forze. Diversi sono stati gli attacchi missilistici contro il quartier generale curdo presso la diga: l’ultimo a settembre. Dopo la caduta di Sinjar, riconquistata dai curdi il 13 novembre, gli attacchi si sono notevolmente intensificati.

Il 19 novembre i miliziani dell’Isis hanno sferrato un’offensiva alla diga nel cuore della notte, con armi pesanti e auto-bombe: dopo ore di battaglia i Peshmerga curdi hanno respinto l’attacco, uccidendo 28 miliziani dell’Isis. Che sono tornati alla carica a inizio dicembre con un nuovo attacco alla diga nel corso del quale sei soldati curdi sono rimasti uccisi. Il tenente Jamal Mahmoud, comandante del contingente Peshmerga che presidia la diga, ha spiegato che la situazione è difficile a causa del crescente sostegno di cui l’Isis gode tra la popolazione dei villaggi della zona: “Noi diamo loro elettricità, e loro ricambiano con le pallottole”.

I militari italiani si troveranno in prima linea e dovranno fronteggiare i continui attacchi dell’Isis. “E’ un’operazione molto pericolosa per i nostri soldati – conferma al IlFattoQuotidiano.it l’analista militare Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa.it – perché saranno un obiettivo attraente per l’Isis in quanto truppe occidentali ‘crociate’ e soprattutto un bersaglio fisso molto facile da colpire. Un impiego statico estremamente rischioso e privo di senso: non è così – conclude Gaiani – che si fa la guerra all’isis”.

Più che con la guerra al terrorismo e la strategia militare, infatti, le decisione di Renzi sembra motivata da esigenze di politica estera legate al mantenimento degli equilibri internazionali dopo il formale stop italiano al rinnovo automatico delle sanzioni alla Russia. Ne è convinto Germano Dottori, docente di studi strategici e politica internazionale alla Luiss di Roma. “Con questa decisione Renzi si è messo in continuità con Berlusconi, cercando di compensare le proprie aperture alla Russia, peraltro esclusivamente di facciata, con interventi militari al fianco degli Stati Uniti in teatri scomodi. Temo che esporremo le nostre truppe a maggiori rischi solo per ricucire un finto strappo”.

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