Raid anti-terrorismo in tutta la Francia.Qui un controllo a Tolosa

Assisto basita alla strage di Parigi. Per quanto è successo e per come viene raccontato.

Quanti sciacalli.

Razionalità, lucidità, riflessione attenta e preparata – indispensabili in un momento come questo – hanno lasciato il posto a un dilagante sciacallaggio: quello elettorale del “cacciamoli tutti”, “buonisti = complici”, “chiudiamo le frontiere”, per conquistare voti; quello retorico-opportunista, che passa dal lutto (“quante lacrime”, “quanto dolore”, “mi stringo”) al “bisogna reagire”, “non ci faremo intimidire”, “torniamo per le strade a ballare”, per vendere copie e fare ascolti; e quello solo opportunista dei “bastardi islamici”, “Emergency va isolata e boicottata”, “i talebani di Cecilia Strada”, di umane miserie che sfruttano tutto – anche il sangue – per un faretto di visibilità. Da me non l’avranno, neanche citandone il nome.

Battaglia culturale.

Rieccoci: alla “guerra di civiltà”, all’“Islam contro l’Occidente”, al “vogliono colpire i nostri valori cristiani”, “la Fallaci aveva ragione”, “Islam = terroristi”. Non mi dilungherò sui crimini del cristianesimo, sui valori edificanti delle periferie occidentali in cui i terroristi di Parigi sono nati e cresciuti, né sui drammatici risultati delle nostre “guerre giuste”, “umanitarie”, “per esportare la democrazia” (secondo l’Onu nel 2014 in Afghanistan c’è stato il record di vittime civili: 3.699 morti, di cui 714 bambini, e 6.849 feriti, il 22% in più rispetto al 2013). Bastano le parole illuminate di Papa Bergoglio: “Usare il nome di Dio per uccidere è una bestemmia”. Qualunque Dio. I terroristi (musulmani, cristiani, protestanti, ebrei, induisti, buddisti…) restano terroristi.

Alla violenza si risponde con la violenza.

Rieccoci anche alla legge del taglione: alla strage di Parigi si risponde con le bombe in Siria, con l’“armiamoci”, “la guerra si risolve con la forza”. La stessa – devastante e inutile – reazione alle Torri Gemelle.

Non nel mio nome.

Se volete farci entrare in una guerra di cui non si conoscono i confini, destabilizzante all’interno e all’esterno, che ci esporrà a nuovi attentati e farà altri morti (da noi e in Medio Oriente), fatelo – come l’avete sempre fatto – ma non nel mio nome. Se volete camuffare, con la retorica del dolore e della giustizia, l’ipocrisia con cui vendiamo armi a chi ora ci attacca, con cui baciamo le pantofole a punta dei principi sauditi che finanziano l’Isis, con cui stringiamo la mano a chi fa strage di curdi ed è complice del califfato, con cui laviamo il nostro sangue con altro sangue, fatelo ma non nel mio nome.

#iohopaura

Dopo Parigi, rivendico il diritto a non tornare a ballare, bere, mangiare, festeggiare, ridere come se nulla fosse successo. Dopo Parigi, la vita non va avanti come prima, perché prima c’erano delle vite che ora non ci sono più. Dopo Parigi, rivendico il diritto a stare in silenzio e ad avere paura: per la mia famiglia, per tutte le famiglie che in Occidente potrebbero subire nuovi attacchi e per tutte le famiglie siriane o irachene sotto i bombardamenti. Dopo Parigi, rivendico il diritto a dire no al Giubileo, in una città commissariata che non può garantire sicurezza e con un Vaticano squassato dagli scandali. Dopo Parigi, le uniche parole che mi sembrano degne di ascolto arrivano da una tomba. Sono quelle di “Vik” Arrigoni, ucciso a Gaza nel 2011: “Restiamo umani”.

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