Partire da Torino e ritrovarsi nella Silicon Valley. Giulietta Sacconey e Paolo Cerruti, piemontesi doc, hanno lasciato l’Italia 18 anni fa e non sono più tornati. Lei, laureata in Lettere. Lui, in Ingegneria. Sono passati per Francia, Inghilterra, India e Giappone prima di stabilirsi negli Stati Uniti, in CaliforniaPaolo è andato all’estero appena 2 giorni dopo la laurea in Ingegneria al Politecnico di Torino, direzione Londra, per farsi le ossa in una start up: “Non erano ancora gli anni della crisi per i laureati, si trovava lavoro in Italia e non c’erano motivi particolari per partire”, ricorda. Ma l’esperienza fatta in Francia durante gli studi aveva aperto nuovi orizzonti. “C’era voglia di confrontarsi con sfide stimolanti”.

Giulietta lo ha raggiunto dopo un anno, a Parigi, dove per Paolo era arrivata una nuova proposta di lavoro da un grosso gruppo automobilistico. “In Italia lavoravo in una casa editrice – racconta – ma ho capito che non avrei potuto rimandare la scelta all’infinito”. L’entusiasmo è tanto, accompagnato dalla paura di lasciare famiglia e amici. Ma le richieste dall’estero arrivano una dopo l’altra.

Dopo 7 anni passati a Parigi piomba una nuova offerta lavorativa dal Giappone. La famiglia Cerruti non rinuncia al trasferimento a Tokyo: “I bambini erano abbastanza piccoli per potersi spostare senza grandi traumi. Avevano 3, 5 e 7 anni. In più, sapevamo già cosa voleva dire vivere lontani dal proprio paese d’origine”. Nonostante le grandi differenze culturali, i Cerruti si sono adattati sempre e ovunque. Giulietta e Paolo sono passati dai lunghi pomeriggi sulla Senna a uno chalet ai piedi del Monte Fuji, per combattere lo stress di una città da 13 milioni di abitanti.

Il Paese più complesso, però, è stato l’India, dove i Cerruti hanno vissuto per più di un anno, con Paolo al lavoro come dirigente in una multinazionale. “Potevano sembrare problemi da ricchi, i nostri, con villa, giardiniere, autista – ricorda Giulietta – ma non è stato affatto facile. L’India o la ami o la odi”. Per Giulietta “vivere a 900 o 10mila chilometri di distanza da casa non cambia poi molto, sono solo i tempi di viaggio che si allungano”. Il trasferimento a Tokyo, ed il successivo a Chennai, nel sud dell’India, sono stati legati a proposte lavorative importanti. E vivere in culture così differenti è stata “un’esperienza straordinaria”.

Dopo 2 anni dal rientro in Europa Paolo è stato contattato da una società americana che produce macchine elettriche. La proposta era allettante: “Abbiamo deciso di accettare. Era l’ultimo treno”. Sono passati 3 anni e mezzo e Giulietta e Paolo non si sono mai pentiti della loro scelta. “Crescere in Silicon Valley è qualcosa di grandioso” raccontano, anche se il sistema educativo è completamente diverso. Per i ragazzi, comunque, “è un regalo bellissimo, una sfida continua”. Chiara, 15 anni e mezzo, comincerà il penultimo anno di liceo; Camilla, 13 anni, è all’ultimo anno di Middle School; Federica, 18 anni, si è spostata a New York dove frequenta la New York University. Tutti hanno imparato a vivere in contesti culturali diversi, parlano più lingue, conoscono le regole relazionali di un paese. Anche se la troppa competitività può essere un problema: “I ragazzi sono abituai a dover tirare fuori le unghie, a gridare ci sono anch’io. Si vive in un mondo di successo, circondati da gente che fa cose interessanti: essere semplicemente normali può essere insopportabile”.

Per Giulietta la Silicon Valley è una “specie di paradiso, farcito di stimoli che arrivano da tutte le parti”. L’Italia, invece, è “un bel paese dove trascorrere le vacanze e i momenti piacevoli”. Il giudizio è severo: “Cerchiamo di non essere troppo critici – ci tengono a dire i coniugi torinesi – ma a volte, come italiani all’estero, ci vergogniamo un po’ delle prodezze della nostra classe politica”.

Dopo aver chiuso la sua azienda di vestiti per bambini in India, Giulietta è passata all’organizzazione di eventi negli States. Come il primo Festival Italiano della Silicon Valley, una manifestazione con mercatini di prodotti artigianali, film storici e corsi di cucina lungo le strade di Palo Alto. Tornare? Per il momento no. Dipenderà dalle scelte di vita delle ragazze. Ma, considerate le premesse, è davvero difficile che decidano di stabilirsi in Italia. “Troppo spesso noi italiani restiamo a casa, senza caricarci di responsabilità. All’estero non è così – insiste Giulietta –. Basta attraversare la frontiera per vedere studenti neo maggiorenni che si gestiscono da soli. Da qui – conclude – sembriamo un popolo di mammoni”.

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