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“Se Berlusconi avesse le tette farebbe anche la ballerina…”, così, a modo suo, con quello stile secco, sarcastico, inconfondibile, Enzo Biagi dipingeva il Berlusconi trionfante, quello, di fronte al quale si inginocchiavano e si prostravano i cantori di ogni regime, a prescindere dal colore e dal nome del capo di turno. Come avrebbe detto Enzo Biagi, per loro la flessibilità non è un modo di organizzare il lavoro, ma una scelta di vita, una condizione della mente e del corpo che, nel loro caso, mal sopporta qualsiasi posizione eretta.

Sono passati già 8 anni dall’ultimo saluto che gli fu tributato, il 6 novembre del 2007, da un popolo composto da amici, colleghi, ma soprattutto dai suoi lettori che lo avevano scelto perché si fidavano di quel signore che, nel tempo, non aveva esitato a sfidare fascisti, censori, piduisti, politicanti ottusi, sino all’ingiuria finale, quando, dalla Bulgaria, “l’uomo con le tette” lo indicò come un pubblico nemico e ne chiese la cacciata dalla Rai.
Nei suoi confronti furono promosse vere e proprie campagne di diffamazione con l’obiettivo di distruggere l’uomo, ancor prima del giornalista.

Naturalmente di lui conserviamo il ricordo, dei suoi calunniatori qualche riga nelle cronache giudiziarie.
L’Italietta delle leggi ad personam, delle prescrizioni, delle camice nere riciclate, della omologazione e delle terre di mezzo, non poteva sopportare le parole di un signore che si era conquistato la fiducia di milioni di spettatori raccontando ogni sera, con grande rigore e straordinaria maestria professionale, le storie del mondo e d’Italia.

Lo faceva a modo suo, senza chiedere autorizzazioni preventive, senza concordare le domande, senza strizzare l’occhio all’intervistato, senza bisogno di alzare la voce, perché la sua forza stava nella qualità delle inchieste e delle domande che sapeva porre.

Del resto chi, volesse averne un saggio, non avrà che da riguardare le sue interviste a Pier Paolo Pasolini, riproposte in questi giorni, ed apprezzare la capacità di entrambi di affrontare temi difficili e scabrosi, senza nulla concedere allo spettacolo, alla sciatteria, alla volgarità.

Sapevano sviluppare concetti e analisi “radicali”, stando alla larga da ogni “radicalismo” verbale. Ci sarebbe davvero piaciuto poter continuare ad ascoltare Biagi e magari sentire il suo giudizio sul tempo presente, sui nuovi protagonisti, sulla Tv dell’inchino e della genuflessione, sui Verdini che organizzano il trasferimento dei parlamentari…

“Credo nella libertà di informazione di giornali e tv liberi di criticare il potere…”, infatti abbiamo avuto l’onore di vederlo spesso presente alle iniziative contro ogni forma di bavaglio, di censura e di editto, e non solo quando gli assalti degli squadristi erano rivolti contro di lui, ma anche quando erano in gioco i valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione.

A distanza di otto anni Enzo Biagi ci manca ancora e ci permettiamo di mandare un abbraccio alle figlie Bice e Carla, alle sue nipoti, ai suoi collaboratori di una vita e a Loris Mazzetti, amico e compagno di tante avventure, che ci ha regalato il piacere e l’onore di conoscere Enzo Biagi e di poterlo annoverare tra i soci di Articolo 21. “Credo che la libertà sia uno dei beni che gli uomini dovrebbero apprezzare di più. La libertà è come la poesia non deve avere aggettivi: è libertà”. #EnzoBiagi

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