Poca trasparenza, enti pubblici esclusi dalla ripartizione dei fondi, soldi che di conseguenza finiscono a “enti privati quasi sempre non specializzati nel campo del restauro e della conservazione”. Dopo le irregolarità nella trasmissione delle scelte da parte dei Caf, scoperte dall’Agenzia delle Entrate, ora è la Corte dei Conti a mettere nel mirino uno specifico canale di destinazione del 5 per mille: quello gestito dal ministero dei Beni culturali. Un circuito macchinoso che invece di convogliare la quota di imposte che i contribuenti italiani possono devolvere agli enti senza scopo di lucro al patrimonio artistico e culturale della Penisola finisce per finanziare “spesso progetti di non particolare interesse“. Questo perché, con una scelta che i magistrati contabili definiscono “irrazionale“, chi compila la dichiarazione dei redditi non può scegliere a quale specifico ente vuole dare il proprio contributo. Criticità di cui ilfattoquotidiano.it aveva dato conto, rilevando anche come solo 26 enti siano ammessi al beneficio e non siano ancora state distribuite le somme assegnate per il 2012, primo anno in cui ai contribuenti è stato consentito di destinare il 5 per mille alla cultura.

“Non si comprende il motivo per cui resti la preclusione di partecipazione per gli enti di diritto pubblico al finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, tenuto conto dei rilevantissimi tagli di bilancio che il ministero interessato ha subito negli ultimi anni”, nota per prima cosa la Corte nella delibera pubblicata giovedì. Per poi denunciare che invece le risorse “vengono dirottate su enti privati quasi sempre non specializzati nel campo del restauro e della conservazione”.

Ora le cose dovrebbero cambiare, anticipano poi i magistrati, grazie a una modifica allo studio dell’ufficio legislativo e dell’ufficio di gabinetto del Mibact che prevede “l’individuazione del ministero quale unico beneficiario e la possibilità, per il contribuente, di scegliere direttamente l’istituto Mibact cui destinare la propria quota del 5 per mille” indicandone il codice fiscale. In attesa della modifica, la Corte ha chiesto per motivi di trasparenza “che andasse almeno chiarito che la destinazione dei fondi è erogata solo a favore di organismi privati e non a vantaggio del ministero di beni culturali o di altri enti pubblici istituzionalmente proposti alla tutela del patrimonio culturale, come peraltro i cittadini sono indotti a ritenere nella compilazione della scheda del 5 per mille”.

L’Agenzia delle entrate ha fatto sapere che “è stata concordata con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo la modifica al riquadro relativo al finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, con l’introduzione della specificazione ‘a favore di organismi privati’. Tale modifica potrà essere inserita nella modulistica per il 2015, relativa all’anno d’imposta 2014″.

Più in generale, la Corte dei Conti auspica più controlli sui destinatari e maggiore trasparenza nella gestione dell’istituto del 5 per mille: in particolare occorre “un maggior controllo sulla selezione delle organizzazioni beneficiarie e sul comportamento degli intermediari in potenziale conflitto di interesse”, come i Caf. La Corte auspica tra l’altro “la creazione di un’unica anagrafe dei beneficiari, una maggiore semplificazione delle operazioni di accredito delle quote, la pubblicazione dei bilanci secondo schemi chiari, trasparenti e di facile comprensione e la previsione di controlli rigorosi e di frequenti verifiche sulla gestione delle quote erogate”.

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