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Torino, massacra prostituta dopo un rapporto. Poi si impicca perché crede di averla uccisa

L'episodio è avvenuto a Caselle. Il suicida era un agricoltore di 38 anni che da un anno frequentava abitualmente la 32enne romena. A trovare il corpo è stata la sorella
Torino, massacra prostituta dopo un rapporto. Poi si impicca perché crede di averla uccisa
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Ha prima cercato di uccidere la prostituta che frequentava da oltre un anno sferrandole quattro colpi alla testa con una chiave per i bulloni degli pneumatici e poi, convinto che fosse morta, forse per il rimorso o forse per la paura di finire in carcere, è tornato a casa e si è impiccato. E’ la storia di un uomo solo quella di Mauro Cabodi, agricoltore di 38 anni residente a Caselle Torinese, il cui corpo è stato trovato dalla sorella, appeso con una corda a una trave della stalla della cascina in cui abitava e dove aveva sede la sua azienda produttrice di latte.

La donna, una romena di 32 anni, ha rischiato di morire. Si prostituiva sui marciapiedi delle strade della vicina cittadina di Volpiano ed è finita in ospedale con la frattura della scatola cranica e numerose ferite al volto. Si salverà, dicono i medici, anche se potrebbe portare le conseguenze dell’aggressione per tutta la vita. Difficile, per ora stabilire le cause che hanno scatenato la violenza dell’uomo. Forse si era innamorato di lei, e – al momento è soltanto un’ipotesi – dopo un rapporto sessuale in auto, la donna avrebbe rifiutato la proposta di iniziare una relazione.

I carabinieri non hanno dubbi sul fatto che sia stato l’agricoltore a tentare di ucciderla. Sul fuoristrada dell’uomo, trovato parcheggiato vicino alla cascina con a bordo l’utensile insanguinato, c’erano la biancheria intima e un’unghia finta della donna che, dopo essere stata colpita, era riuscita a fuggire nuda ed era stata trovata da un passante in stato confusionale.

Fino a stamattina, quando la prostituta è stata ascoltata dagli investigatori, l’aggressione e il successivo suicidio dell’uomo, il cui corpo era stato scoperto dalla sorella con cui portava avanti il lavoro nei campi e nelle stalle, non erano stati messi in correlazione. Dal letto dell’ospedale Giovanni Bosco di Torino, è stata la ferita a indicare Cabodi come colui che aveva tentato di ucciderla, senza sapere che si fosse liberato della sua borsa e del suo telefono cellulare, che non sono stati ancora trovati e che, una vota tornato a casa, si fosse impiccato.

“Mauro era un bravo ragazzo – dicono i vicini di cascina nella campagna di Caselle, dove sono rimaste le sue mucche e i suoi cani -. Pensava quasi esclusivamente al lavoro e stava quasi sempre da solo. Aveva appena fatto interventi sull’azienda agricola e non aveva l’aria di una persona che volesse farla finita”.

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