La Turchia ha bloccato l’accesso a Twitter, Facebook e YouTube. La decisione delle autorità, secondo quanto riferisce Hurriyet online, giunge dopo che i tre social media avevano pubblicato le foto del pm Mehmet Selim Kiraz, preso in ostaggio martedì scorso da due estremisti del Dhkp-C, il “Fronte rivoluzionario per la liberazione del popolo”, e poi ucciso nell’assalto delle teste di cuoio turche. L’oscuramento del social network e del sito di condivisione video è stato imposto da un tribunale, sulla base di denunce ricevute. Alcune ore dopo il blocco, l’accesso a Facebook è stato ripristinato in seguito alla decisione del social network di rimuovere le immagini contestate dalle autorità di Ankara, come ha spiegato al quotidiano Hurriyet Tayfun Acarer, responsabile dell’Autorità dell’Informazione e delle Comunicazioni turca. Nella serata di lunedì è stato ripristinato l’accesso anche a Twitter, dopo che i legali del social hanno garantito alle autorità che le immagini contestate sono state eliminate dalla piattaforma.

Il portavoce della presidenza, Ibrahim Kalin, ha detto che la procura ha voluto bloccare l’accesso ai siti dei social media perché alcune testate hanno agito “come se stessero facendo propaganda al terrorismo“, nel condividere le immagini del magistrato sequestrato. “Ciò che è accaduto dopo (la morte del procuratore, ndr) è orrendo tanto quanto l’incidente in sé”, ha aggiunto. La richiesta dell’ufficio della procura, ha spiegato ancora, “è che questa immagine non sia più usata in alcuna delle piattaforme elettroniche”.

Ad oggi, è la misura più estesa mai adottata dalle autorità turche nei confronti dei social media. Dopo le numerose lamentele da parte degli utenti, un portavoce dell’Access Providers Association, Bulent Kent, ha riferito a Hurriyet online che l’ente ha ricevuto l’ordine scritto dal pubblico ministero di bloccare l’accesso ai siti anche se il processo è ancora in corso. Gli altri provider, TTNET, Turkcell, Superonline, Avea, dovrebbero presto ricevere l’ordine. Hurriyet online riferisce di aver visto il documento delle autorità con l’ordine di bloccare 166 siti web che hanno pubblicato le foto controverse del magistrato preso in ostaggio. Oltre ai social media, il documento contiene anche link specifici agli articoli pubblicati dai giornali turchi.

L’anno scorso Ankara aveva modificato alcune leggi per permettere maggiore semplicità nel blocco dei siti web e tra il 21 e il 31 marzo 2014, l’allora premier (e oggi presidente) Tayyip Recep Erdogan decise per il blocco di Twitter, Facebook e YouTube. Il primo social network aveva pubblicato intercettazioni che coinvolgevano Erdogan in uno scandalo di corruzione. “Noi sopprimeremo Twitter. Me ne frego di quello che potrà dire la comunità internazionale”, aveva dichiarato il premier davanti a migliaia di sostenitori, in un comizio per le elezioni municipali del successivo 30 marzo. Il 31 marzo, poi, le autorità bloccarono l’impostazione dei server di Google che gli internauti del paese stavano usando come canale alternativo per aggirare la censura sul web.

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