Ha denunciato di essere stata picchiata quattro volte per aver difeso il fratello dall’accusa di essere il killer di Yara Gambirasio. Ma secondo la procura di Bergamo, Letizia Laura Bossetti, sorella gemella di Massimo Giuseppe, non ha mai subito alcuna violenza da parte di sconosciuti.

E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta chiusa il 26 febbraio nei confronti del 45enne muratore di Mapello, da giugno rinchiuso nel carcere di Bergamo e unico indagato per il rapimento e l’uccisione della 13enne di Brembate di Sopra sparita il 26 novembre 2010 e trovata cadavere il 26 febbraio 2011 in un campo di Chignolo d’Isola. Secondo quanto ricostruito dai magistrati, le telecamere piazzate nei luoghi dove Letizia Laura Bossetti ha raccontato di essere stata presa a calci e pugni, minacciata e insultata non avrebbero filmato niente di sospetto. Non solo. In un caso la sorella di Bossetti è arrivata in ospedale dicendo di avere alcune costole rotte. Ma i medici hanno raccontato che addosso non aveva “alcun graffio”.

La prima denuncia sporta dalla gemella del presunto assassino è di fine agosto. Altre due a settembre. L’ultima a fine gennaio 2015, quando Letizia Laura Bossetti – ha riportato Il Giorno lo scorso 24 febbraio – ha raccontato di essere stata aggredita sotto la casa dei genitori a Terno d’Isola, in provincia di Bergamo. Due uomini con un passamontagna calato sul volto l’hanno immobilizzata. Le hanno puntato un coltello alla gola. E l’hanno trascinata nell’ascensore fino al seminterrato del condominio, dove si trovano i garage. Qui sono partiti i calci e i pugni che le hanno fatto perdere i sensi. E’ stata la mamma, Ester Arzuffi, preoccupata per il ritardo della figlia, a trovare il suo giubbotto e gli stivali nell’ascensore. Mentre Letizia Laura Bossetti è stata ritrovata poco dopo grazie all’aiuto di un vicino, semisvenuta.

Lo stesso copione era andato in scena – secondo il racconto di Letizia Laura Bossetti – il 17 settembre scorso. Anche quel giorno l’aggressione avvenne nel garage della casa dei genitori. Ma in quell’occasione gli uomini erano tre. “Mi hanno presa a calci e insultata, ho contusioni al volto e il coccige fratturato. Sto pagando un caro prezzo perché difendo apertamente mio fratello e sono convinta tuttora che sia assolutamente innocente”, raccontò la gemella di Bossetti all’Eco di Bergamo. Letizia Laura Bossetti venne soccorsa da un’ambulanza e trasferita all’ospedale di Ponte San Pietro, dove venne subito dimessa.

Ma le presunte false aggressioni subite da Letizia Laura Bossetti rappresentano sono una parentesi nella storia dell’omicidio di Yara Gambirasio. Nelle 60mila pagine dell’inchiesta chiusa dal pm di Bergamo Letizia Ruggeri – ora a disposizione della difesa – vengono elencati uno a uno gli indizi raccolti in quattro anni di indagine contro Massimo Giuseppe Bossetti. La prova regina rimane il Dna trovato sugli slip e sui leggings di Yara, che secondo i Ris di Parma appartiene a lui. Non solo. I magistrati sono convinti che alcune telecamere, quel 26 novembre 2010, abbiano immortalato il suo furgone Iveco Daily girare attorno alla palestra di Brembate per un’ora, fino a pochi minuti prima della scomparsa della ragazzina.

Poi ci sono le ricerche dal computer di casa con le parole “tredicenni” e “vergini”. E ancora, le fibre dei sedili del suo furgone identiche a quelle trovate sui pantaloncini e sul giubbotto della 13enne. Ci sono i dubbi della moglie, Marita Comi, captati dalle microspie durante il colloquio in carcere col marito: “Tu eri lì. Non puoi girare lì tre quarti d’ora, a meno che non aspettavi qualcuno”. E c’è la risposta di Bossetti: “Non lo so, temo di non riuscire a spiegarlo”.

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