I tempi cambiano e non solo grazie ai nuovi media e alla tecnologia digitale, ma proprio dentro essi. Chi di noi usa applicazioni come Whatsapp, insieme agli altri social network, sa che può inviare un messaggio con un’emoticon, la faccina che dà un significato ulteriore alle parole che vogliamo trasmettere. Se mandiamo qualcuno al diavolo, in modo nudo e schietto, lanceremo un segnale. Se la stessa frase, anche più colorita o persino volgare, si accompagna a un’espressione ironica o ad un cuore, stiamo trasmettendo qualcosa di completamente diverso.

A proposito di cuore: è il simbolo in assoluto dell’amore, con immancabile rima. Lo sanno migliaia di alberi incisi con un coltellino, con promesse, sigle, date, iniziali. E nel linguaggio i simboli contano, si sa. Esso stesso è una rappresentazione simbolica e convenzionale. Non usiamo solo le parole per comunicare qualcosa, ma addirittura silenzi, gesti – sapete che ne esistono almeno di quattro tipologie, che raccolgono tutti quelli possibili? – sguardi, ecc. Perché l’uomo è un animale complesso e per esprimere tutta la sua molteplicità ha bisogno di tutto il materiale “linguistico” di cui può disporre. Nella comunicazione mediata dal computer, che poi è la stessa degli smartphone, si è cominciato con i due punti e le parentesi per alludere a un sorriso, o il punto e virgola e la P per fare le linguacce. Poi sono arrivate rappresentazioni più complesse. Oggi ci sono gli emoji, segni pittografici con cui puoi esprimere gioia, rabbia, la voglia di sushi, l’abilità nel ballare il tango o la necessità di andare dall’estetista, insieme a molto altro ancora. La quotidianità per immagini, che prende atto del reale e lo mette a disposizione dei nostri usi comunicativi.

Apple, le emoticon diventano multietniche

In questa quotidianità, lo riporta il sito dell’Ansa, “le chat dai dispositivi Apple potranno rispecchiare la varietà multietnica degli utenti ed essere ‘gay friendly‘”. È prevista, infatti, l’introduzione di nuove icone che rappresentano la nostra società, sempre più multietnica e sempre più varia, in relazione alle varie realizzazioni affettive. Per cui non avremo più solo l’omino bianco o i fidanzatini etero che si baciano: vi sarà possibilità di “scelta fra diversi colori della pelle e anche icone che rappresentano coppie omosessuali”. Per ora esistono già due coppie di persone dello stesso sesso che si tengono per mano. A breve avremo tutti i tipi di famiglia, da quella “tradizionale” con un figlio solo alle famiglie arcobaleno con uno o più bambini/e. Roba da far impallidire sentinelle, qualche sposa sottomessa e quanti vanno in giro per l’Italia a paventare fantomatiche ideologie gender o che, invitati nei palazzi del potere, paragonano le unioni civili all’Isis. E a proposito: chi lo ha fatto, tale Mario Binasco, è stato prontamente smentito in un articolo dell’Espresso, in quanto avrebbe millantato titoli accademici che non ha. Evidentemente il senatore Giovanardi, per la sua crociata contro le unioni civili in discussione, ha bisogno di gente che dice bugie: e ciò è grave, se pensiamo che per la fede di questi signori la menzogna è un peccato. Contenti loro…

La verità delle cose quotidiane, invece, parla di un’altra storia: ovvero di un mondo in cui la gente è più libera di amarsi e di creare nuove formule affettive e, attraverso scelte consapevoli, di procreare nuova vita (e non credete a chi vi parla di uteri in affitto: sono gli stessi che poi, chissà perché, non si indignano mai per i reati di pedofilia di questo o quel sacerdote). Apple si è accorta di questo aspetto delle nostre esistenze, che tocca tutti e tutte noi, e lo ha codificato in una forma semplice: un disegnino, riconoscibile da chiunque. Il cambiamento avviene anche attraverso queste piccole cose, ma emblematiche. L’importanza dei simboli, appunto. Poi, va da sé, qualcuno potrà anche non essere d’accordo. Ma questa è la realtà, fate un po’ voi. Ed essa prevede che dentro la parola famiglia ci siano anche due padri o due madri, o nuclei monoparentali. Senza nulla togliere a quella eterosessuale.

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