Palazzo Chigi - conferenza stampa al termine del Consiglio dei MinistriL’abilità di Renzi a parlare bene delle sue riforme è ormai molto nota, soprattutto al pubblico tele-dipendente, perché ormai può competere con Padre Pio nel dono dell’ubiquità. Lo si trova dappertutto, soprattutto nei telegiornali, dove aggira gli ostacoli con l’abilità dello slalomista, usando semplici parole chiave dal doppio significato, come “riforme”, “stabilità’”, “tutele crescenti”, ecc. con le quali è possibile solleticare i desideri e l’ansia del popolo soffocato dalla crisi senza spiegare nulla di preciso. Ma anche nei “talk shows”, dove invece è la sua abilità dialettica e intelligenza tattica a farlo risultare simpatico. Non si arrabbia mai e trova sempre argomenti utili a sostenere le sue tesi, anche se ad analisi approfondite non stanno in piedi. Ma chi, tra il pubblico, è in grado di fare analisi approfondite su temi così complessi come le riforme che lui propone? Veramente pochi, quindi può sostanzialmente dire ciò che vuole, tanto ci pensano poi gli esperti parolai dei vari partiti a completare la confusione.

Il suo punto di eccellenza è pero il decisionismo. Lui quando intravede la possibilità di raggiungere un obbiettivo che gli arriva a portata di mano, è veloce come il camaleonte a catturare le sue prede prima che si allontanino.

Ha fatto così col Patto del Nazareno, subito dopo aver conquistato la segreteria del partito, alleandosi a sorpresa nientemeno che con Berlusconi, nemico storico del partito democratico e fresco di condanna definitiva per evasione fiscale.

Ha fatto così col compagno di partito Letta, scalzandolo repentinamente dalla poltrona di primo ministro senza che ce ne fosse reale necessità politica.

Ha fatto così con la “porcata natalizia” sull’articolo 18, assolutamente inutile al rilancio dell’economia e dell’occupazione italiana, al solo scopo di compiacere il padronato più becero e le multinazionali desiderose di “investire” (in questo caso sinonimo di “far bottino”) in Italia.

Ma prende decisioni anche di segno opposto, come la recentissima decisione di semi-nazionalizzare l’Ilva di Taranto. Si sa che per la Ilva aveva già tentato di trovare altri imprenditori privati che fossero interessati a subentrare alla famiglia Riva, ma evidentemente stavolta il blitz è fallito e ha dovuto ripiegare sulla formula americana usata per le banche gemelle americane “Fannie Mae” e “Freddie Mac” e per la “Chrisler”. Il salvataggio è avvenuto col “salvagente” dello Stato (ovvero i soldi di noi contribuenti), ma le imprese sono rimaste “religiosamente” in mano ai privati (Chrisler sappiamo a chi è stata praticamente regalata).

Sul tema delle nazionalizzazioni mi ero già espresso più di un anno fa, e da uno come Renzi, a capo del partito leader della sinistra italiana, e a capo del governo italiano, ci si poteva aspettare molto di più.

Ma lui dice persino (allo scopo di dimostrare che i soldi ci sono) che nonostante la crisi il risparmio in Italia è cresciuto del 40%. E’ una dichiarazione gravissima, perché dice in sostanza che tutte le sofferenze della classe media e bassa della popolazione italiana servono solo a “ingrassare” ancor più quei “risparmiatori” che si vedono premiati per il solo fatto di essere ricchi e avere dei risparmi che si autoalimentano senza far niente.

Messe tutte insieme, le decisioni di Renzi portano alla conclusione che la sua principale preoccupazione (dopo quella di scalare il potere, obbiettivo che ha però già pienamente raggiunto) sia di compiacere ai “puristi” del sistema capitalista americano, realizzatori della globalizzazione selvaggia e di una economia legata alla finanza speculativa. Ma facendolo pensa solo per se stesso o pensa anche al bene del paese? Dice (facendo eco alle dichiarazioni ormai stantie dei liberisti estremi) che le sue riforme sono necessarie al rilancio dell’economia del paese.

Ma ha pensato a cosa sarebbe una ripresa economica costruita sul modello americano? Ammesso (e non concesso) che non arrivi prima una nuova tremenda crisi a far deragliare di nuovo il treno dell’economia globale, sarebbe comunque una ripresa che dividerebbe drasticamente il paese tra ricchi e poveri, a tutto vantaggio dei ricchi, e cancellando buona parte della classe del reddito medio.

E’ questo il futuro che lui vuole regalare agli italiani? Un futuro col welfare a brandelli, le aziende che svaniscono fagocitate dalla globalizzazione e una ricchezza che si sposta sempre di più dal ceto medio a quello ricco? Lo dica chiaramente e vediamo quanti lo voteranno ancora.

 

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