La politica degli intrighi e dei colpi bassi di Washington torna stasera in prima tv su Sky Atlantic alle 21.10. Arriva anche in Italia la seconda stagione di “House of Cards”, la serie trasmessa negli Stati Uniti da Netflix (colosso dello streaming americano che dovrebbe arrivare nel nostro paese l’anno prossimo, banda larga permettendo) con protagonisti Kevin Spacey e Robin Wright nel ruolo di una potente coppia a cui il potere non sembra bastare mai.

Basata sull’omonima miniserie televisiva anni ’90 della Bbc, a sua volta adattamento di un romanzo scritto dall’ex membro del partito conservatore britannico Michael Dobbs, House of Cards piace ai telespettatori comuni e ai politici di destra e di sinistra: Matteo Renzi vorrebbe proporla come ‘case study’ alla scuola del Pd (e qualche giorno fa Dobbs gli ha regalato un suo libro), Obama vorrebbe addirittura il protagonista Frank Underwood nella sua squadra: “Vorrei che anche qui le cose andassero avanti così velocemente; quel Frank è riuscito a fare un sacco di cose”. E chissà che, prima o poi, il Presidente degli Stati Uniti non appaia veramente nella serie: Reed Hastings, amministratore delegato di Netflix, ha già ufficialmente invitato Obama a fare una comparsata nella seconda stagione. La cosa non si è realizzata, ma si può sempre sperare nella terza.

Dopo la messa in onda della prima stagione, stasera ritroveremo quindi il deputato democratico Frank Underwood che, mandando in pensione una galleria di personaggi di sinistra quasi sempre buoni, opposta ai cattivi repubblicani, continuerà la propria vendetta personale nei confronti del partito e del presidente che non lo ha inserito nella sua squadra come segretario di Stato. “Frank non ha ideologia, non è legato a un partito o a qualcuno o a qualcosa, è uno che vede un’opportunità e la coglie”, ha detto Spacey a proposito del suo personaggio.

Ma qual è il successo di House of Cards? Descritta come serie politica (Beau Willimon, creatore e showrunner, ha lavorato nelle campagne elettorali di Hillary Clinton, Bill Bradley, Howard Dean), lo show non parla solo delle dinamiche di palazzo – e chissà che a qualcuno, vedendola, non tornino in mente certi ‘intrighi’ italiani, con Renzi nel ruolo di ‘scalatore’ senza scrupoli in stile Underwood – ma anche dei rapporti privati e professionali che nascono grazie alla politica. “House of Cards – spiega Willimon – non è uno show sulla politica, è uno show sul potere: più che un problema specifico mi interessano le dinamiche”.

Per lo spettatore italiano, la curiosità potrebbe anche essere un’altra: “Nel parlamento ci sono solo lo stallo e la paralisi ed è probabilmente molto interessante per gli spettatori vedere un parlamento dove invece le cose si muovono. Può essere solo una fantasia”, ha detto Kevin Spacey in una recente intervista in cui, ovviamente, faceva riferimento al parlamento americano.

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