Come qualcuno di voi sa bene, nell’oceano Pacifico c’è un’isola galleggiante di rifiuti plastici grande più o meno come il Texas. Ogni anno, nel mondo, vengono prodotte oltre tre miliardi di tonnellate di cemento, pari a circa 450 kg per ogni essere umano. Dall’inizio del nuovo millennio, il consumo di antidepressivi nelle economie sviluppate cresce mediamente del 6% all’anno. In Italia, lo 0.5% del Pil corrisponde a cibo sprecato. L’Italia è il sesto paese al mondo per numero di autoveicoli posseduti (più di 600 auto ogni mille abitanti).

L’impronta ecologica (quantità di risorse assorbite dall’attività umana) in occidente è circa quattro volte superiore alla biocapacità terrestre (le disponibilità ambientali): quando tutte le popolazioni asiatiche adotteranno i nostri stili di vita, occorreranno cinque pianeti Terra per sostentarci. Abbiamo sempre meno tempo, ma vogliamo fare sempre più cose. Quindi, ci stressiamo. Inoltre, avere sempre più modelli di riferimento, ma sempre meno possibilità di emularli, ci rende costantemente insoddisfatti. Per combattere questa insoddisfazione, acquistiamo sempre più merci e servizi (non essenziali al nostro benessere). Per sostenere questi consumi, ci facciamo schiavizzare dal lavoro. 

Chi si preoccupa di mantenere alta l’attenzione su questi punti viene regolarmente additato come un nemico del progresso. O, com’è molto più cool dire, un Gufo. Di solito, ad accusare di catastrofismo il Gufo è però un altro uccello, assai meno aggraziato: lo Struzzo. Un volatile che non vola (e già qui…), che ingoia di tutto, che corre a perdifiato senza una meta e che, soprattutto, ignora la realtà mettendo la testa sotto la sabbia. Se qualcuno intravede delle analogie con la nostra classe politica… si vergogni per la sua malizia: il Gufo e lo Struzzo sono solo categorie della mente.

Non mi rivolgo quindi agli struzzi, che non sono evidentemente in grado di cogliere la gravità delle informazioni sopra elencate, ma tento di parlare a chi ancora possiede una dote di questi tempi ormai rara: la capacità di cogliere il senso delle cose. Ci stiamo rendendo conto, oppure no, che abbiamo dato vita a un processo degenerativo e autodistruttivo senza fine? Lo vogliamo capire che non è cambiando l’ennesimo governo, o siglando l’ennesimo trattato di pace in Palestina, o mettendo ai vertici della Chiesa una persona così affabile, che si cambieranno sostanzialmente le cose? Quando riusciremo, finalmente, a capire che le cose cambieranno solo quando ciascuno di noi si renderà testimone – nel proprio quotidiano – di un miglioramento?

Questa crisi – che sarebbe più corretto chiamare declino – è solo l’ultima spia d’allarme sul cruscotto della nostra società. Ma noi la ignoriamo, rimuovendola. Preferiamo fidarci degli struzzi, che – negando ad esempio le evidenze elencate all’inizio – si ostinano ad annunciare l’imminente uscita dal tunnel, fingendo di ignorare che il buio… siamo noi. Solo noi. Con le nostre nevrosi, le nostre schiavitù camuffate da conquiste sociali, la difesa dei nostri posti di reddito, le nostre corse compulsive, gli psicofarmaci ben nascosti nella scatola di aspirina, le carte di credito, le agende strazeppe di appuntamenti (perlopiù inutili), le code in tangenziale, le consuetudini preconfezionate da altri, le assuefazioni merceologiche, la retorica mainstream… insomma, con tutto quel set di liturgie postmoderne, pateticamente riassunte nell’intramontabile mantra del “più è meglio”.

In queste ore, tanto per fare un esempio, lo Struzzo esulta per la rimozione dal Giglio della Costa Concordia, mentre il Gufo combatte per vietare il Canal Grande alle navi da crociera. Lo Struzzo annuncia che la disoccupazione tornerà presto sotto il 10%, mentre il Gufo sa che – essendo la disoccupazione inversamente correlata alla dinamica del Pil con un lag temporale di almeno un anno – a questi ritmi occorreranno lustri per abbandonare la doppia cifra. Lo Struzzo, pur di mettere la propria firma sotto una nuova legge elettorale, non ha problemi a stringere accordi con il “papi costituente”, mentre il Gufo organizza una raccolta di firme contro la minaccia democratica che questa riforma costituzionale può rappresentare.

Ora, è inutile fare il “solito” sermone sulle incongruenze del modello capitalistico, che – astutamente puntellato dal neoliberismo – ha sfruttato le seduzioni del consumismo per perpetuarsi all’infinito, con conseguente saccheggio delle risorse ambientali a nostra disposizione. E’ inutile ricordare come (1) il marketing, (2) il credito largamente concesso (fino a qualche tempo fa) a intere fasce di cittadini insolventi e (3) l’obsolescenza programmata, siano le armi segrete con cui la società dei consumi sta ipnotizzando i suoi abitanti, rendendoli ignari ingranaggi di un disegno assai più ampio.

Noi non dobbiamo rincorrere la crescita, mediante la rivitalizzazione dei consumi. Dobbiamo, invece, consumare di meno. E’ solo questa la verità, che gli Struzzi si guardano bene dal raccontarci. Perché, anche se non lo sanno, i veri Gufi sono proprio loro. 

E perché, come spesso accade, tra gli estremi opposti dei Gufi e degli Struzzi, c’è in mezzo un terzo tipo di pennuto. Più tranquillo, silenzioso, pacifico, operoso e territoriale. E’ il raphus cucullatus, più comunemente noto come Dodo. Il suo carattere distintivo? Che si è estinto.

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