C’è qualcosa che Matteo Renzi e Pd sembrano non aver capito. E cioè che la scuola è qualcosa di diverso, rispetto a tutti gli altri settori. Molti di noi, invece che estasiati, sono disgustati dall’interventismo (per il momento solo annunciato) di questo governo. Sono offesi dalla ipertrofia verbale del giovane capo che, forte di una indubitabile (solo in italiano) fluidità di comunicazione, sommerge fatti, circostanze, pensiero critico sotto fiumi di promesse e intenzioni. Sono indifferenti all’ondata di giovanilismo, modernità, epica del cambiamento: tutti elementi che di per sé non garantiscono qualità, equità, trasparenza.

Nei giorni che sono seguiti all’annuncio su Repubblica di quello che è ormai chiamato il Piano Reggi, ho avuto modo di confrontarmi direttamente con il sottosegretario; ma anche – alla festa di Sel, in un dibattito sulla scuola – con il capo della sua segreteria, Marco Campione; quello che – pochi giorni fa – ha affermato che la scuola fino al 2009 (anno dell’inizio dei tagli della l. Gelmini) è stata sovrafinanziata. In entrambi i casi mi è stata restituita un’impressione di confusione e lontananza siderale (al di là di impraticabilità, velleitarismo, demagogia, iniquità di proposte e repliche) dal mondo della scuola. Che invece è importante che questi novelli interpreti del “Veni, Vidi, Vici” imparino a conoscere, adeguando merito e metodo dei loro progetti alla nostra specificità.

Non ci piacciono le imposizioni calate dall’alto. Non ci piace la velocità interventista: come i bambini hanno bisogno di tempi distesi dell’apprendimento, la scuola ha bisogno di riflessione e conoscenza; che partano – in ogni caso – non da logiche di bilancio, ma dai 3 elementi fondamentali che la connotano: pedagogia, didattica, relazione. Crediamo nella civiltà delle relazioni tra chi governa e chi è governato: riteniamo inammissibile una comunicazione attraverso i media, smentita, poi riaffermata, poi rivista, senza rispetto non solo del dovuto ascolto degli addetti ai lavori, ma anche di modalità ufficiali ed istituzionali. Non ci piacciono le scorciatoie: determinazione per legge di una materia contrattuale quale orario, salario, ruoli; abolizione del V anno di scuola superiore; dismissione di una parte del precariato dopo anni di servizio. Non ci piacciono le incursioni demagogiche: scuole aperte (è da sempre una richiesta proveniente proprio dalla scuola), ma senza fondi per realizzare il progetto. Non siamo intenzionati ad aprire all’intervento dei privati: siamo per una scuola pubblica, laica, pluralista, inclusiva, che interpreti il secondo comma dell’art. 3 della Costituzione.
La democrazia scolastica è il valore che configura il rapporto di equiordinazione tra i vari organi collegiali e non di sovraordinazione del dirigente scolastico su tutti gli altri. Aborriamo meritocrazia e invalsizzazione, perché vogliamo continuare a lavorare sui saperi critici e non sulla risoluzione di test.

Per essere più chiari, ecco un quadro molto parziale delle iniziative di mobilitazione – decise da altrettante assemblee autoconvocate nella scorsa settimana – che si svolgeranno la prossima settimana, quando il testo del piano Reggi verrà sottoposto al CdM.

Roma, lunedì 14, ore 15.30: assemblea Unicobas davanti al Miur; martedì 15, ore 9.00: sit in (organizzato dal Coordinamento delle scuole di Roma) davanti a Montecitorio. Torino, martedì 15, ore 10: presidio Corso Vittorio Emanuele II, 70, organizzato dall’Assemblea Cittadina per la Scuola e CUB; a Genova si è costituito il gruppo Scuola bene comune e altre sigle raggruppate in  Assemblea pubblica scuola Genova no 36 ore, che lunedì 14 Luglio, alle ore 17, ha convocato un’assemblea in Via Sestri, a Sestri Ponente, in cui si decideranno orario e modalità del presidio e della manifestazione già stabiliti per il 15. Milano, dal 14 pomeriggio al 15 pomeriggio, presidio sotto il Pirellone del Coordinamento Lavoratori Scuola 3 ottobre; Napoli: Coordinamento per la difesa della Scuola pubblica e Coordinamento Precari Scuola Napoli ha deliberato – durante un’assemblea del 10 – di convergere sul sit in del 15 a Roma; a Cosenza i docenti (che arriveranno a Roma il 15) si siamo riuniti l’11 mattina in piazza XI settembre per arrivare alla sede cosentina del PD.

In tutte le riunioni della scorsa settimana si è sottolineata la convinzione che questo rigurgito di mobilitazione non debba/possa essere un fuoco di paglia; e che la scuola debba preparare proposte alternative.

Questa protesta riguarda tutti: docenti e personale Ata, ma anche studenti e genitori. Le lusinghe di una scuola aperta senza determinazione di fondi consistenti non possono far ignorare quanto il progetto intero andrà a minare quel che resta, dopo anni di taglieggio, della scuola della Costituzione. Mobilitazione e provvedimenti che l’hanno determinata si collocano nell’alveo di un più complesso e articolato progetto di attacco alle basi della democrazia, fatto di autoritarismo, colpi di mano, demagogia, retorica del nuovo e del cambiamento. Le sorde o esplicite lotte tra sigle sindacali per accaparrarsi il primato dell’iniziativa non devono distrarci dalla necessità – questa volta più che mai – di essere tutti uniti, come lavoratori, come docenti, ma soprattutto come cittadini. Non è un caso che lo stesso 15 luglio – mentre ci sarà il sit-in davanti a Montecitorio – nei pressi dell’altra Camera, in piazza delle 5 Lune, ci sarà un altro presidio, per contrastare la riforma del Senato.  

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