La partita più brutta del Mondiale, per distacco. Centoventi minuti di noia e imprecisioni. Di difese fisicamente dominanti, e stelle annunciate con la luna storta. Il genio di Robben non si accende mai, Messi manca l’appuntamento con la storia per eguagliare il mito di Maradona. Ma avrà un’altra occasione, la più importante, domenica al Maracanà di Rio de Janeiro. Perché solo i rigori riescono a trovare un vincitore nello scialbo 0-0 fra Olanda e Argentina. E la lotteria finale premia l’Albiceleste, che si giocherà contro la super Germania ammirata ieri la coppa di Brasile 2014.

Prima dei tiri dal dischetto, il nulla nello stadio di San Paolo. Per l’importanza della posta in palio, ma anche per scelta degli allenatori. L’Olanda torna al 3-5-2, Sabella per sostituire Di Maria sceglie Perez, che quest’anno col Benfica ha fatto grandi cose, ma certo non è il cambio naturale del fuoriclasse del Real Madrid. Ne vien fuori uno schieramento ancor più coperto del solito, con Mascherano che dedica un raddoppio sistematico, quasi d’altri tempi, su Robben. Anche gli orange, però, non disdegnano la marcatura a uomo, rinnegando le proprie tradizioni. Così nel primo tempo non succede niente. Ma proprio niente: una punizione poco angolata di Messi al 15’, un colpo di testa pericoloso su angolo di Garay. Basta. Per vedere un altro tiro in porta, una conclusione centrale dalla distanza di Robben, bisognerà aspettare il decimo minuto del primo supplementare.

La ripresa, infatti, andrà anche peggio. I gol di ieri sera sono un lontano ricordo. E’ un altro tipo di partita: in equilibrio estremo, claustrofobica a centrocampo. Un po’ come da pronostico, ma davvero brutta. Ci vorrebbe un episodio per sbloccarla, o una grande giocata. Non arriva, il cronometro scorre faticosamente. Si moltiplicano anche gli errori: aperture sballate, scivoloni. E a un certo punto dagli spalti piovono addirittura fischi. Lo spettacolo non è all’altezza di una semifinale mondiale. L’emozione più grande è un tap-in di Higuain, che dà solo l’illusione del gol toccando l’esterno della rete (peraltro in posizione di fuorigioco). Sabella prova a rompere gli indugi inserendo Palacio per Perez, ma è l’Olanda ad avere l’occasione buona: l’unico buco della difesa argentina permette a Robben di entrare in area quando scocca il 90’. Ma l’attaccante del Bayern stavolta perde l’attimo buono per calciare, e consente il recupero di un gigantesco Mascherano.

I supplementari sono inevitabili. E in fondo giusti: nessuno ha meritato la finale. Un vincitore, però, deve pur uscire, e allora si prosegue. Al 115’ Palacio si ritrova quasi per caso davanti a Cillesen, ma non riesce a beffarlo di testa. Anche Maxi Rodriguez non impatta bene un bel cross di Messi, Kuijt si vede rimpallata una conclusione pericolosa, qualcosa si smuove. Troppo tardi, però, per evitare i rigori. Stavolta Krul non entra, Van Gaal ha esaurito i cambi. Lo rimpiangerà: perché Cillesen in carriera non aveva mai parato un rigore, e non comincia stasera. Nell’Olanda invece sbaglia subito Vlaar, poi Sneijder. L’eroe è Sergio Romero: portiere che è anche passato nella nostra Serie A, e dalla Sampdoria era stato cacciato per manifesta incompetenza. Oggi regala al suo Paese il sogno di una finale mondiale, 24 anni dopo Italia ’90. Di nuovo contro la Germania, ancora più forte di allora. Dopo aver visto le due semifinali, il pronostico parrebbe scontato. Ma nel calcio ogni partita è storia sé. E una finale dei Mondiali è storia del calcio.

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