Non otterranno probabilmente  quello che è riuscito ad avere Max Mosley, l’ex presidente della Federazione internazionale dell’automobilismo, le cui  immagini compromettenti dei festini bondage dovranno essere rimosse da Google in base alle decisioni  della giustizia tedesca e francese.

Eppure  quelli che hanno letto con curiosità e speranza la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea che ha riconosciuto l’esistenza del diritto all’oblio nei confronti dei motori di ricerca, si mostrano molto interessati a conoscere i successivi sviluppi del provvedimento, che sembra aprire la strada a scenari del tutto inediti. 

Al netto della bontà o meno del riconoscimento del diritto all’oblio, che può generare qualche dubbio sulla ricostruzione “storica” di una realtà dei fatti presente sulla rete, va detto che molti soggetti i quali  non avevano la possibilità di far valere i propri diritti si sono riversati in massa a segnalare, richiedere, “implorare” la modifica delle informazioni personali  presenti sul web, dopo che si era diffusa la notizia della sentenza.

La casistica di chi è interessato a cancellare le tracce del proprio passato è molto ampia in verità, e va dalla madre che vuole proteggere i propri figli dall’incontrollata diffusione di immagini riprese abusivamente dei propri figli e che proprio non riesce ad eliminarle dal web, al manager invischiato anni prima in un processo poi rivelatosi infondato, a chi ha avuto una relazione in passato con  qualcuno che non rinuncia a fornire dettagli su una relazione oramai finita, sino a chi ha visto pubblicate le proprie informazioni nel contesto di un fatto di cronaca che non lo riguardava direttamente e che continua a perseguitarlo sulla rete.

E’ probabile che tutti questi soggetti avranno a che fare prima o poi con il Garante Privacy italiano, il quale per il momento ha sposato sul punto una linea attendista, pur cominciando a ricevere le prime lettere di rimozione.

E’ previsto infatti  per il mese di giugno l’incontro dei Garanti Privacy dell’Unione Europea per discutere a livello comunitario di diritto all’oblio, dopo la sentenza della Corte di Giustizia.

In realtà appare difficile ritenere che la sentenza della Corte di Giustizia (inappellabile) possa essere ignorata, anche perché se non il Garante, i giudici del nostro Paese dovranno applicare i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia e concedere il diritto all’oblio anche nei confronti dei motori di ricerca.

Il Garante italiano, che aveva adottato un approccio più moderato al problema del diritto all’oblio rispetto alla Corte di Giustizia, ma che ha l’indubbio merito di aver provato a bilanciare i diritti alla privacy con il diritto-dovere all’informazione,  ha di fatto ha anticipato la soluzione adottata dalla Corte di Giustizia Europea, fornendo al governo italiano il materiale per la costituzione in giudizio nel procedimento Europeo.

L’Italia (insieme alla Spagna) è infatti l’unico Paese ad aver caldeggiato la risoluzione di tutti i quesiti affrontati dalla Corte di Giustizia.

I successivi sviluppi pratici ci diranno se il diritto all’oblio è un pericolo o una opportunità.

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