Gli stipendi dei dipendenti comunali sono salvi. E i funzionari pure. Con una circolare diffusa martedì 13 maggio dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, e dai colleghi degli Affari regionali e della Pubblica amministrazione, Maria Carmela Lanzetta e Marianna Madia, l’esecutivo sblocca i pagamenti dei salari accessori per i dipendenti degli enti locali. Consente cioè il versamento della parte “variabile” della retribuzione legata alla produttività ed esclude responsabilità per nuovo danno erariale per i dirigenti che danno l’ok ai pagamenti. Con questa mossa il governo di Matteo Renzi fa così slittare a luglio il dibattito sui salari accessori della pubblica amministrazione evitando a dirigenti e sindaci di dover mettere mano subito, in piena campagna elettorale, a un tema così sensibile. Naturalmente in nome della necessità di «garantire la continuità dei servizi necessari e indispensabili» per i cittadini. Ma la soluzione tampone non risolve la questione, che è di primissimo piano perché il problema vero sono i conti degli enti locali, arrivati ormai alla canna del gas. A partire dalla Capitale fino ad arrivare a Reggio Calabria, Napoli, Alessandria e Torino.

Il governo di Matteo Renzi sa bene, infatti, che l’attuale livello di spesa degli enti pubblici non è sostenibile, al punto che il suo primo atto (il decreto numero 16 del 2014) ha bloccato la procedura di dissesto messa a punto dall’ex premier Mario Monti in nome della necessaria ristrutturazione delle finanze degli enti locali. Per di più mandando in tilt le sezioni regionali della Corte dei Conti che si trovano nell’incredibile circostanza di revisionare, a breve distanza di tempo, progetti di riequilibrio finanziario dello stesso Comune con anche solo un euro di miglioramento.

«Il salario accessorio va garantito perché tutti i dipendenti lo meritano, non per timore di diffide. Anche domenica sera sarò al lavoro col governo», ha twittato il sindaco di Roma Ignazio Marino, interessato ad evitare lo sciopero minacciato dai sindacati per il 19 maggio. Una considerazione che è arrivata dal Campidoglio dopo un colloquio con il sottosegretario Graziano Delrio, ex numero uno dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci) oggi in mano al piddino Piero Fassino, sindaco di Torino e consigliere della Cassa depositi e prestitiNon è chiaro però come Marino pensa di poter mantenere invariato il livello della spesa per i dipendenti e allo stesso tempo far quadrare i conti della Capitale. Ed evidentemente la questione non era chiara neanche all’assessore al Bilancio, Daniela Morgante, che si è dimessa lo scorso 16 aprile. Quanto ai dipendenti pubblici e al salario accessorio a loro dovuto, il Governo, dopo aver arginato la crisi con il Salva-Roma, propone un comitato temporaneo composto da Stato, Regioni, e Comuni e una Conferenza unificata che potrà “proporre nuove disposizioni normative” o indirizzi per “la redazione di direttive all’Aran”, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni. Ipotesi, quest’ultima, difficilmente realizzabile: la riforma Brunetta, che farebbe scattare la decadenza degli integrativi a partire da inizio 2014 e che avrebbe dovuto rivedere i comparti della Pubblica amministrazione, non è stata infatti in realtà mai attuata.

Articolo Precedente

Arzilli vecchietti ancora padroni dei salotti buoni. Così vogliono ridisegnare il sistema

next
Articolo Successivo

Finmeccanica, l’assemblea boccia requisiti di onorabilità. Secondo caso dopo Eni

next