“Il centro di via Corelli va chiuso, come tutti gli altri Cie. Lo dirò al prefetto, ho già chiesto un incontro”. Lo dichiarava il deputato del Partito democratico Emanuele Fiano il 30 dicembre 2013. E invece il Centro d’identificazione ed espulsione di Milano, dopo tre mesi e mezzo di ristrutturazione, è stato riassegnato. Quest’estate riaprirà i battenti. Il Prefetto Francesco Paolo Tronca ha firmato l’appalto che dà a Gepsa, società francese di proprietà del colosso dell’energia Gdf Suez che si occupa di carcere per il Ministero dell’Interno transalpino, la gestione di celle e cortile. Dei trattenuti, invece, si occuperà l’associazione culturale di Agrigento Acuarinto. “Mi opporrò alla riapertura. Chiederò spiegazioni alla Prefettura di Milano e al Viminale”, fa sapere Khalid Chaouki, Pd, il deputato che ha trascorso tre giorni rinchiuso nel Centro di primo soccorso di Lampedusa durante le vacanze di Natale 2013 per denunciare il degrado della struttura. “Ci aspettiamo una indicazione precisa sul tema Cie, ma fino adesso, rispetto all’esecutivo di Letta, questo governo ha poca chiarezza negli obiettivi”, aggiunge Chaouki.

Il fronte anti-Cie ha molti sostenitori tra i democratici. Il 24 marzo, a Bologna, la deputata Sandra Zampa, insieme all’ex ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge, ha chiesto alla prefettura del capoluogo emiliano di non riaprire né il Cie di Bologna, né quello di Modena, entrambi in ristrutturazione come a Milano. Così diceva Kyenge: serve una “politica per l’integrazione alternativa, con centri di accoglienza al posto di questi centri. Bisogna cercare alternative all’espulsione che non siano rimanere dentro un centro per 18 mesi”. I numeri, ha poi ricordato Zampa, dimostrano “l’inutilità dei Cie”. Nel 2013, spiega la onlus Medici per i diritti umani (Medu) nel rapporto “Arcipelago Cie” sono stati 6.016 i migranti trattenuti nei Cie, di cui meno della metà è stata effettivamente rimpatriata (2.749 persone). Cie, Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo), Centri di primo soccorso e centri d’accoglienza, secondo “Costi disumani” 2013, lo studio dell’associazione Lunaria, dal 2007 al 2012 ci sono costati più di un miliardo di euro. Ma il loro rendimento non soddisfa.

Accanto al Cie di Milano sorgerà anche un centro di accoglienza per richiedenti asilo. La riapertura del centro d’espulsione è una brutta notizia anche per il Pd milanese: “È la conferma che i Cie sono luoghi di detenzione. Avevo chiesto che quello di via Corelli non venisse riaperto, ma trasformato in un luogo d’accoglienza. Un’occasione persa”, commenta l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano Pierfrancesco Majorino.

Delle titubanze del governo sui Cie vivono gli enti gestori. Gepsa e associazione Acuarinto si sono aggiudicati un appalto che prevedeva una gara al massimo ribasso a partire da 40 euro per ogni detenuto, costo che prevede vitto, alloggio e servizi di assistenza dei detenuti. In tutto i posti disponibili saranno 140. Da anni la società francese è entrata nel business dell’accoglienza in Italia. Non senza problemi. Ha ancora due contenziosi aperti per la gestione di altrettante strutture d’accoglienza: per la gestione del Cie di Gradisca d’Isono (Gorizia) e per il Cara di Castelnuovo di Porto (Roma). In Friuli, Gepsa dovrebbe subentrare al vecchio ente gestore, Connecting people. Nel Lazio, invece, Gepsa ha perso la gara d’appalto del luglio 2013: costa 200mila euro in più al mese del competitor Consorzio Eriches 29. L’azienda francese ha però fatto ricorso al Tar che ha congelato la gara: le associazioni denunciano che le condizioni di accoglienza, senza un reale ente gestore, stanno piano piano peggiorando.

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